Benedictus XVI

Joseph Ratzinger

19.IV.2005

-

28.II.2013


Cardeal Joseph Ratzinger :“A verdade é que o próprio Concílio não definiu nenhum dogma e conscientemente quis expressar-se em um nível muito mais modesto, meramente como Concílio pastoral; entretanto, muitos o interpretam como se ele fosse o super dogma que tira a de todos os demais Concílios". (Cardeal Joseph Ratzinger, Alocução aos Bispos do Chile, em 13 de Julho de 1988, in Comunhão Libertação, Cl, año IV, Nº 24, 1988, p. 56).
Cardinal  Joseph  Ratzinger

FROM SELF-CRITICISM TO SELF-DESTRUCTION

"Certainly, the results [of Vatican II] seem cruelly opposed to the expectations of everyone, beginning with those of Pope John XXIII and then of Paul VI: expected was a new Catholic unity and instead we have been exposed to dissension which---to use the words of Paul VI---seems to have gone from self-criticism to self-destruction. Expected was a new enthusiasm, and many wound up discouraged and bored. Expected was a great step forward, and instead we find ourselves faced with a progressive process of decadence which has developed for the most part precisely under the sign of a calling back to the Council, and has therefore contributed to discrediting for many. The net result therefore seems negative. I am repeating here what I said ten years after the conclusion of the work: it is incontrovertible that this period has definitely been unfavorable for th Catholic Church."

L'Osservatore Romano (English edition),
24 December 1984
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segunda-feira, 18 de fevereiro de 2013

Sua Santità ammette le disastrose conseguenze seguite immediatamente al Concilio: «Sappiamo come questo Concilio dei media … ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata».


Ecco il reale Concilio Vaticano II. Signori in piedi!

«Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata … e il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale.»
Papa Benedetto XVI
In quello che probabilmente è stato il suo ultimo discorso al clero della sua diocesi di Roma, Papa Benedetto XVI ha dichiarato che egli abbandona la cattedra di Pietro pienamente convinto delle idee del Concilio Vaticano II. Se questo suo discorso del 14 febbraio, può fornire qualche indicazione, non ci sarà alcun cambiamento dell’ultimo minuto nei confronti della Fraternità San Pio X riguardo alla sua accettazione del Concilio
Il Santo Padre sembra determinato a concludere il suo incarico difendendo l’elusivo Concilio reale contro la sua supposta falsa impersonificazione degli ultimi decenni.
Sua Santità ammette le disastrose conseguenze seguite immediatamente al Concilio: «Sappiamo come questo Concilio dei media … ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata».
Ma “questo Concilio” di cui parla il Santo Padre non è il vero Concilio Vaticano II, quello che si è realmente svolto a Roma per tre anni e che ha prodotto dei documenti. No, Benedetto XVI fa riferimento ad un Concilio impostore, il “Concilio dei giornalisti”, che è il solo ad aver causato tutte queste disastrose conseguenze.
Se al reale “Concilio dei Padri”, i media avessero permesso di fare il suo lavoro, tutto sarebbe andato bene per la Chiesa! «Il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media», invece di guardare al vero Concilio dei Padri e alla loro visione fondamentale della fede «Per i media, il Concilio era una lotta politica».
Si tratta della stessa riciclata scusa di coloro che vogliono accettare una realtà contraddittoria: "il Concilio è buono, sono i suoi frutti ad essere cattivi". Il problema sarebbe che il Concilio non è stato mai compreso. E questo a dispetto del fatto che il suo predecessore abbia trascorso oltre vent’anni a spiegare abbondantemente cosa questo avesse realmente detto.
Benedetto non biasima il Concilio di Padri, ma la falsa interpretazione giornalistica dello stesso, che avrebbe prodotto la democratizzazione della Chiesa. «Per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa. Era ovvio che i media prendessero posizione per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo. C’erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i Vescovi e poi, tramite la parola “Popolo di Dio”, il potere del popolo, dei laici. C’era questa triplice questione: il potere del Papa, poi trasferito al potere dei Vescovi e al potere di tutti, sovranità popolare. Naturalmente, per loro era questa la parte da approvare, da promulgare, da favorire».
Ora, cerchiamo di essere onesti con i fatti.
Non fu il New York Times, né il London Evening Standard, a creare il virus della collegialità e delle Conferenze Episcopali, né a chiedere una maggiore “partecipazione attiva” dei laici nel governo della Chiesa. Sono stati i documenti del Concilio Vaticano II a farlo.
Non fu il Fox News ad adottare il nuovo Codice di Diritto Canonico, il quale, per volere di Giovanni Paolo II, uno dei Padri del Concilio, trasformò in legge la collegialità.
Ecco cosa scrisse Giovanni Paolo II nel suo decreto di promulgazione del Codice:
«Se ora passiamo a considerare la natura dei lavori che hanno preceduto la promulgazione del Codice, come pure la maniera con cui essi sono stati condotti, specialmente sotto i pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo I e di poi fino al giorno d’oggi, è assolutamente necessario rilevare in tutta chiarezza che tali lavori furono portati a termine in uno spirito squisitamente collegiale. E ciò non soltanto si riferisce alla redazione materiale dell’opera ma tocca altresì in profondo la sostanza stessa delle leggi elaborate.
Ora, questa nota di collegialità, che caratterizza e distingue il processo di origine del presente codice, corrisponde perfettamente al magistero e all’indole del Concilio Vaticano II. Perciò il Codice, non soltanto per il suo contenuto, ma già anche nel suo primo inizio, dimostra lo spirito di questo Concilio, nei cui documenti la Chiesa «universale sacramento di salvezza (Cfr. Cost. Dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 1, 9, 48), viene presentata come Popolo di Dio e la sua costituzione gerarchica appare fondata sul Collegio dei Vescovi unitamente al suo Capo». [Costituzione Apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983]
A meno che Benedetto XVI voglia sostenere che un Padre conciliare come Giovanni Paolo II non facesse parte del Concilio dei Padri, ma piuttosto del Concilio dei Media, la distruzione della struttura gerarchica della Chiesa, tramite la collegialità ed il Popolo di Dio, nonfu il lavoro di questo fantomatico Concilio impostore, ma fu, invece, qualcosa in armonia con i documenti e lo spirito del Concilio dei Padri.
Anche Benedetto XVI ammette che questa sovranità popolare fosse una “parte” del Concilio. Egli accusa i media solo per la “promulgazione” e per il “favorire”. E indubbiamente i media hanno aiutato, ma, ancora una volta, fu Giovanni Paolo II che promulgò come legge la collegialità…non i giornali.
Allo stesso modo, Benedetto XVI dà la colpa della crisi liturgica a ciò che egli chiama “Concilio virtuale” e non al Concilio storico.
«E così anche per la liturgia: non interessava la liturgia come atto della fede, ma come una cosa dove si fanno cose comprensibili, una cosa di attività della comunità, una cosa profana. E sappiamo che c’era una tendenza, che si fondava anche storicamente, a dire: La sacralità è una cosa pagana, eventualmente anche dell’Antico Testamento. Nel Nuovo vale solo che Cristo è morto fuori: cioè fuori dalle porte, cioè nel mondo profano. Sacralità quindi da terminare, profanità anche del culto: il culto non è culto, ma un atto dell’insieme, della partecipazione comune, e così anche partecipazione come attività. Queste traduzioni, banalizzazioni dell’idea del Concilio, sono state virulente nella prassi dell’applicazione della Riforma liturgica; esse erano nate in una visione del Concilio al di fuori della sua propria chiave, della fede. E così, anche nella questione della Scrittura: la Scrittura è un libro, storico, da trattare storicamente e nient’altro, e così via».
In base a questa immaginaria dicotomia, non fu la Costituzione sulla Sacra Liturgia che chiese la revisione dei libri liturgici per renderli più attuali, che permise l’inculturazione delle relative pratiche locali (non appena approvata dalla collegiale Conferenza Episcopale), che permise per la prima volta traduzioni che il Santo Padre ora deplora; insomma, non fu questo documento che distrusse e portò alla secolarizzazione della liturgia, eliminando lo stretto controllo gerarchico, che la Santa Sede aveva praticato per secoli per permetterne la preservazione. No, fu il cattivo uso che fecero i media di questo documento.
Mi perdoni, Santo Padre, ma fu una Commissione della Santa Sede, sotto l’occhio vigile di Paolo VI, che approntò la nuova Messa, respinta dai due terzi dei vescovi quando per la prima volta la si mostrò loro. Essa non fu scritta dalla CNN.
E le deplorevoli traduzioni furono tutte autorizzate da documenti del Concilio e dalla Santa Sede e la distruzione della liturgia prescinde da queste false traduzioni.
Si ricordi che Mons. Ottaviani, che con il suo lavoro concludeva che il nuovo rito si allontanava dalla solenne definizione di Messa data dal Concilio di Trento, intervenne prima che fosse usata anche una sola traduzione.
E secondo il documento di Mons. Fellay (“Il problema della riforma liturgica”), le obiezioni teologiche della Fraternità alla nuova Messa sono fondate primariamente, non sulla cattiva traduzione del testo latino, ma sul testo latino stesso.
No, non furono i media, ma Paolo VI, l’arcivescovo Bugnini, le diverse Conferenze Episcopali, la Congregazione per il Culto Divino e la Costituzione sulla Sacra Liturgia, con tutti i loro documenti a distruggere il Rito Romano.
È sempre facile scaricare la colpa su un capro espiatorio. Questo permette di evitare la realtà dei fatti. Ed è ancora più facile quando il vero colpevole è un amico o un protetto.
Papa Benedetto è stato uno dei Padri dello storico e reale Concilio Vaticano II, ed è molto più facile dare la colpa ai grandi media cattivi, piuttosto che alla propria amata creatura.
"Non temete, nonostante la continua spirale discendente della Chiesa in ogni ambito, il Concilio reale sta finalmente emergendo", dice papa Benedetto con un sorriso di speranza ai suoi preti,
«50 anni dopo il Concilio, vediamo come questo Concilio virtuale si rompa, si perda, e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale [dove, quando?]. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della fede, cominciando da questo Anno della fede, lavorare perché il vero Concilio, con la sua forza dello Spirito Santo, si realizzi e sia realmente rinnovata la Chiesa».
Si vede il “vero Concilio” che dopo tutti questi lunghi anni sta finalmente mostrando il suo vero essere. «La forza reale del Concilio era presente e, man mano, si realizza sempre più e diventa la vera forza che poi è anche vera riforma, vero rinnovamento della Chiesa».
Ma sono stati i documenti del Concilio reale ad autorizzare e ad incoraggiare l’incontro di preghiera ad Assisi, la nuova Messa, la burocratica tirannia delle Conferenze Episcopali, la nomina di donne cancelliere di diocesi, ecc. ecc.
Ciò che Papa Benedetto evidentemente non può accettare, anche dopo due anni di dettagliata documentazione presentata nei colloqui dottrinali dalla Fraternità San Pio X, è che sono i documenti del Concilio reale a contenere le bombe a orologeria le cui schegge sono ora conficcate in tutta la nostra Chiesa in rovina. I media e i giornalisti hanno segnalato, con gioia ed esultanza, quello che il Concilio ha detto e quello che in seguito i papi hanno attuato in suo nome. Gli ultimi cinquant’anni sono semplicemente la conseguenza naturale delle idee e delle dichiarazioni partorite dal Concilio. È questa dura verità che il dimissionario Esperto Teologico del Concilio non vuole sentire.
Sembra che egli sia disposto a mantenere in piedi l’ingiusto esilio interno della Fraternità San Pio X, nonostante un suo personale, forte e apparente desiderio di porre fine all’ingiustizia, perché non vuole affrontare la terribile crisi che ha prodotto il Concilio Vaticano II.
Tutto quello che possiamo fare è pregare che Dio permetta che il prossimo papa non sia più un uomo del Concilio, ma sia disposto a chiamare le cose con il loro nome e a dire ai media: “Basta con questo Concilio predatore, noi stiamo ritornando alla Tradizione”.
Fonte: Traduzione di un articolo apparso su "The Remnant"

quarta-feira, 28 de novembro de 2012

O Concílio Vaticano II foi intencionalmente ambíguo e responsável pela crise atual

Na antevéspera do cinqüentenário de sua abertura, uma oportuna reavaliação do Concílio Vaticano II


José Antonio Ureta
Na História da Igreja Católica, houve 21 concílios ecumênicos, ou seja, reuniões gerais de todos os bispos sob a direção do Papa ou de um representante seu.
Diferentemente dos concílios anteriores, o Concílio Vaticano II (1962-1965) coloca para os analistas (teólogos, historiadores, etc.) um problema novo. É que todos os concílios anteriores exerceram, com e sob o Papa, um Magistério solene, definindo verdades de fé e moral e tomando medidas de caráter disciplinar, enquanto juízes e legisladores supremos. O Concílio Vaticano II, contudo, não deliberou nem propôs, de modo solene e definitivo, nenhuma verdade de fé ou moral. Isso favoreceu a discussão sobre a natureza magisterial de seus documentos, o modo como eles foram postos em prática no pós-Concílio, e a relação entre o Concílio e o pós-Concílio.

Tal discussão está no cerne do atual debate sobre a verdadeira interpretação (“hermenêutica”, na linguagem especializada) do Vaticano II.
O Papa Bento XVI pavimentou o caminho para esse debate de alto nível ao afirmar, no Natal de 2005, a necessidade de uma “hermenêutica da continuidade” dos documentos conciliares. O que equivalia a admitir, implicitamente, que no texto deles há passagens menos claras ou quiçá ambíguas, que devem ser interpretadas conforme à Tradição bimilenar do Magistério da Igreja.
Até há pouco prevalecia, em numerosos meios eclesiásticos, a tendência a hipervalorizar o aggiornamento conciliar, promovendo a idéia de que o Vaticano II foi um novo começo que fazia tábula rasa do passado da Igreja e exigia ainda mais novidades. Erigido em “superdogma”, o Concílio passava a ser um evento intocável e aquele que exprimisse a menor reserva a respeito do seu alcance corria o risco de ser considerado “reacionário”, rebelde às orientações da Hierarquia.
De um tempo a esta parte, o descrédito das correntes progressistas promotoras dessa “ruptura” com o passado — no estilo da Teologia da Libertação que grassou na América Latina — favoreceu a emergência de um juízo mais sereno e objetivo a respeito do Concílio Vaticano II. Esse progresso da objetividade foi patenteado, entre 16 e 18 de dezembro p.p., no significativo Congresso de estudos sobre a Magna assembléia “para uma justa hermenêutica à luz da Tradição da Igreja”, organizado, em Roma, pelo Seminário Teológico Immacolata Mediatrice do Instituto dos Franciscanos da Imaculada.
A iniciativa, com o título Concílio Vaticano II. Um Concílio pastoral – Análise histórico-filosófico-teológica, contou com a participação de destacados representantes da Cúria Romana, da Hierarquia e do mundo acadêmico: o Cardeal Velasio de Paolis (Presidente da Prefeitura dos Assuntos econômicos da Santa Sé), D. Luigi Negri (Bispo de Marino-Montefeltro), D. Atanasio Schneider (Bispo auxiliar de Astana no Kazakistão), Pe. Nicola Bux (Consultor do Bureau de Celebrações do Sumo Pontífice e Professor no Instituto ecumênico de Bari), Mons. Brunero Gherardini, ex-decano da Faculdade de Teologia da Pontifícia Universidade Lateranense e professor emérito dessa universidade, o Pe. Ignacio Andereggen (professor na Universidade Pontifícia Gregoriana), o Pe. Florian Kolfhaus, funcionário diplomático da Secretaria de Estado, os padres Rosário M. Sammarco, Paolo M. Siano, Serafino M. Lanzetta e Giuseppe Fontanella (professores no Seminário Teológico Immacolata Mediatrice), o Prof. Roberto de Mattei da Universidade Européia de Roma. Ademais, estiveram presentes em algumas sessões o Cardeal Walter Brandmüller (presidente emérito do Conselho Pontifício das Ciências Históricas) e o Secretário da Pontifícia Comissão Ecclesia Dei, Mons. Guido Pozzo, e ainda outros membros da Cúria Romana.
Trecho de discurso de Bento XVI “Por que a recepção do Concílio, em muitos círculos da Igreja, até agora ocorreu de modo tão difícil? Pois bem, tudo depende da justa interpretação do Concílio ou como diríamos hoje, de sua correta hermenêutica, da justa chave de leitura e de aplicação. Os problemas da recepção derivaram do fato de que duas hermenêuticas contrárias se combateram e disputaram entre si. […]
“Por um lado, existe uma interpretação que eu gostaria de definir ‘hermenêutica da descontinuidade e da ruptura’; não raro, ela pôde valer-se da simpatia dos mass media e também de uma parte da teologia moderna. Por outro lado, há a ‘hermenêutica da reforma’, da renovação na continuidade do único sujeito-Igreja, que o Senhor nos concedeu; é um sujeito que cresce no tempo e se desenvolve, permanecendo porém sempre o mesmo, único sujeito do Povo de Deus a caminho”.
___________
(Discurso do Papa Bento XVI à Cúria Romana, 22 de dezembro de 2005)LER...

OS PAPAS E A CRISE APÓS O CONCÍLIO VATICANO

O que diz o Papa Bento XVI?
Não ao Vaticano II "superdogma"!
Muitos comentários dão a impressão de que tudo mudou desde o Vaticano II e que tudo aquilo que o precedeu não tem nenhum valor ou, no melhor dos casos, não pode ter valor se não for à luz do Vaticano II... Muitos, aliás, o interpretam como se ele fosse um ‘superdogma’ que tira toda a importância de todo o resto.
Esta impressão se encontra particularmente reforçada pelos fatos que se produzem com freqüência. Aquilo que era considerado anteriormente como o mais sagrado -a forma transmitida pela liturgia-, aparece de repente como aquilo que está mais proibido e como a única coisa que deve ser certamente deixada de lado. Nós não toleramos nenhuma crítica das coisas operadas desde o concílio; entretanto, onde estão em jogo as antigas regras ou as grandes verdades de fé- por exemplo a virgindade corporal de Maria, a ressurreição corporal de Jesus, a imortalidade da alma etc.- não reagimos ou bem o fazemos com moderação extrema.
Cardeal Ratzinger discurso de 13/07/88 à conferencia episcopal do Chile.
O


Papa Paulo VI
  • (30/6/1968 - Oss. Rom.) "Na Igreja também está reinando uma situação de incerteza. Tem se a sensação, de que por alguma abertura tenha entrado a fumaça de Satanás no Templo de Deus."
  • (07/12/1972 - Oss. Rom.) "A Igreja está passando por uma hora inquieta de autocrítica, que melhor se diria de autodestruição e igual a um transtorno agudo e completo, que ninguém teria esperado após o Concílio. A Igreja parece se suicidar, matar a si mesma."

O Concílio Vaticano II foi intencionalmente ambíguo e responsável pela crise atual


No livro extremamente esclarecedor “O Reno se lança no Tibre”, do Pe. Ralph Wiltgen S.V.D., que acompanhou o Concílio na qualidade privilegiada de jornalista, há alguns trechos extremamente esclarecedores sobre a perversidade da tática modernista da ambiguidade (os destaques são meus):
Foi então que um dos liberais extremistas cometeu o erro de fazer referência por escrito a algumas das passagens ambíguas e de esclarecer como seriam interpretadas após o Concílio. O documento caiu nas mãos do grupo de cardeais e superiores maiores de que acabamos de falar, e seu representante foi levá-lo ao Sumo Pontífice. Compreendendo então que se tinham aproveitado dele, Paulo VI caiu em si e chorou.
Ralph Wiltgen S.V.D.; O Reno se lança no Tibre; Editora Permanência; pág 244-245
“Desde a segunda sessão”, esclarecia [o padre Schillebeeckx], “dissera a um especialista da Comissão de Teologia que se sentia irritado ao ver exposto no esquema o que parecia ser o ponto de vista liberal-moderado sobre a colegialidade; pessoalmente, ele era favorável ao ponto de vista liberal-extremo.” O especialista lhe havia respondido: “Nós nos exprimimos de modo diplomático, mas depois do Concílio tiraremos do texto as conclusões que estão nele implícitas.” O padre Schillebeeckx achava esta tática “desonesta”. Durante o último mês da terceira sessão, dizia, bispos e teólogos tinham continuado a falar da colegialidade “em um sentido que não estava de forma alguma consignado no esquema”. Sublinhava que a minoria tinha compreendido perfeitamente que o fraseado vago do esquema seria interpretado em um sentido mais forte depois do Concílio. (…) A maioria, dizia, tinha recorrido a uma terminologia deliberadamente vaga e excessivamente diplomática e ele recordava que o próprio padre Congar tinha bem cedo protestado contra a redação deliberadamente ambígua de um texto conciliar.
Ralph Wiltgen S.V.D.; O Reno se lança no Tibre; Editora Permanência; pág 244-245LER...

A liturgia católica vive “uma certa crise” e Bento XVI quer dar vida a um novo movimento litúrgico, que volte a trazer mais sacralidade e silencio na Missa, e mais atenção à beleza no canto, na música e na arte sacra.

Entrevista ao Cardeal Cañizares

O Cardeal António Cañizares Llovera, 65 anos, Prefeito da Congregação para o Culto Divino, (que quando era bispo em Espanha era chamado “o pequeno Ratzinger”,) é o homem ao qual o Papa confiou esta tarefa. Nesta entrevista a Andrea Tornelli, publicada em Il Giornale, de 24.12.2010, (o “ministro” da liturgia de Bento XVI) revela e explica programas e projectos.
Enquanto Cardeal, Joseph Ratzinger tinha lamentado uma certa precipitação na reforma litúrgica post-conciliar. Qual é sua opinião?
A reforma litúrgica foi realizada com muita pressa. Havia óptimas intenções e o desejo de aplicar o Vaticano II. Mas houve precipitação. Não se deu tempo nem espaço suficiente para apanhar e interiorizar os ensinamentos do Concílio; de repente se mudou o modo de celebrar.
Recordo bem a mentalidade então difundida: era necessário mudar, criar algo novo. Aquilo que tínhamos recebido, a tradição, era vista como um obstáculo. A reforma foi entendida como obra humana, muitos pensavam que a Igreja era obra das nossas mãos e não de Deus. A renovação litúrgica foi vista como uma investigação de laboratório, fruto da imaginação e da criatividade, a palavra mágica de então.
Como Cardeal, Ratzinger tinha auspiciado uma “reforma da reforma” litúrgica, palavras actualmente impronunciáveis inclusivamente no Vaticano. No entanto, parece evidente que Bento XVI a desejaria. Pode falar dela?
Não sei se se pode, ou se convêm, falar de “reforma da reforma”. O que vejo absolutamente necessário e urgente, segundo o que deseja o Papa, é dar vida a um novo, claro e vigoroso movimento litúrgico em toda a Igreja. Porque, como explica Bento XVI no primeiro volume de sua Opera Omnia, na relação com a liturgia se decide o destino da fé e da Igreja. Cristo está presente na Igreja através dos sacramentos. Deus é o sujeito da liturgia, não nós. A liturgia no é una acção do homem mas é acção de Deus. LER...