Benedictus XVI

Joseph Ratzinger

19.IV.2005

-

28.II.2013


Cardeal Joseph Ratzinger :“A verdade é que o próprio Concílio não definiu nenhum dogma e conscientemente quis expressar-se em um nível muito mais modesto, meramente como Concílio pastoral; entretanto, muitos o interpretam como se ele fosse o super dogma que tira a de todos os demais Concílios". (Cardeal Joseph Ratzinger, Alocução aos Bispos do Chile, em 13 de Julho de 1988, in Comunhão Libertação, Cl, año IV, Nº 24, 1988, p. 56).
Cardinal  Joseph  Ratzinger

FROM SELF-CRITICISM TO SELF-DESTRUCTION

"Certainly, the results [of Vatican II] seem cruelly opposed to the expectations of everyone, beginning with those of Pope John XXIII and then of Paul VI: expected was a new Catholic unity and instead we have been exposed to dissension which---to use the words of Paul VI---seems to have gone from self-criticism to self-destruction. Expected was a new enthusiasm, and many wound up discouraged and bored. Expected was a great step forward, and instead we find ourselves faced with a progressive process of decadence which has developed for the most part precisely under the sign of a calling back to the Council, and has therefore contributed to discrediting for many. The net result therefore seems negative. I am repeating here what I said ten years after the conclusion of the work: it is incontrovertible that this period has definitely been unfavorable for th Catholic Church."

L'Osservatore Romano (English edition),
24 December 1984

terça-feira, 24 de dezembro de 2013

SUA SANTITÁ BENEDETTO XVI: il Natale è un’opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della nostra esistenza.

 


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Perfect Christmas Carols



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Cantos ideales







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How the Catholic Church
sings Christmas









Cari fratelli e sorelle!

Iniziano proprio oggi i giorni dell’Avvento che ci preparano immediatamente al Natale del Signore: siamo nella Novena di Natale che in tante comunità cristiane viene celebrata con liturgie ricche di testi biblici, tutti orientati ad alimentare l’attesa per la nascita del Salvatore. La Chiesa intera in effetti concentra il suo sguardo di fede verso questa festa ormai vicina predisponendosi, come ogni anno, ad unirsi al cantico gioioso degli angeli, che nel cuore della notte annunzieranno ai pastori l’evento straordinario della nascita del Redentore, invitandoli a recarsi nella grotta di Betlemme. Là giace l’Emmanuele, il Creatore fattosi creatura, avvolto in fasce e adagiato in una povera mangiatoia (cfr Lc 2,13-14).

Per il clima che lo contraddistingue, il Natale è una festa universale. Anche chi non si professa credente, infatti, può percepire in questa annuale ricorrenza cristiana qualcosa di straordinario e di trascendente, qualcosa di intimo che parla al cuore. E’ la festa che canta il dono della vita. La nascita di un bambino dovrebbe essere sempre un evento che reca gioia; l’abbraccio di un neonato suscita normalmente sentimenti di attenzione e di premura, di commozione e di tenerezza.

Il Natale è l’incontro con un neonato che vagisce in una misera grotta. Contemplandolo nel presepe come non pensare ai tanti bambini che ancora oggi vengono alla luce in una grande povertà, in molte regioni del mondo? Come non pensare ai neonati non accolti e rifiutati, a quelli che non riescono a sopravvivere per carenza di cure e di attenzioni? Come non pensare anche alle famiglie che vorrebbero la gioia di un figlio e non vedono colmata questa loro attesa? Sotto la spinta di un consumismo edonista, purtroppo, il Natale rischia di perdere il suo significato spirituale per ridursi a mera occasione commerciale di acquisti e scambi di doni! In verità, però, le difficoltà, le incertezze e la stessa crisi economica che in questi mesi stanno vivendo tantissime famiglie, e che tocca l’intera l’umanità, possono essere uno stimolo a riscoprire il calore della semplicità, dell’amicizia e della solidarietà, valori tipici del Natale.

Spogliato delle incrostazioni consumistiche e materialistiche, il Natale può diventare così un’occasione per accogliere, come regalo personale, il messaggio di speranza che promana dal mistero della nascita di Cristo.

Tutto questo però non basta per cogliere nella sua pienezza il valore della festa alla quale ci stiamo preparando. Noi sappiamo che essa celebra l’avvenimento centrale della storia: l’Incarnazione del Verbo divino per la redenzione dell’umanità. San Leone Magno, in una delle sue numerose omelie natalizie, così esclama: «Esultiamo nel Signore, o miei cari, ed apriamo il nostro cuore alla gioia più pura. Perché è spuntato il giorno che per noi significa la nuova redenzione, l’antica preparazione, la felicità eterna. Si rinnova infatti per noi nel ricorrente ciclo annuale l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso, all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine» (Homilia XXII).
Su questa verità fondamentale ritorna più volte san Paolo nelle sue lettere.
Ai Galati, ad esempio, scrive: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge…perché ricevessimo l’adozione a figli» (4,4).
Nella Lettera ai Romani evidenzia le logiche ed esigenti conseguenze di questo evento salvifico: «Se siamo figli (di Dio), siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (8,17).
Ma è soprattutto san Giovanni, nel Prologo del quarto Vangelo, a meditare profondamente sul mistero dell’Incarnazione. Ed è per questo che il Prologo fa parte della liturgia del Natale fin dai tempi più antichi: in esso si trova infatti l’espressione più autentica e la sintesi più profonda di questa festa e del fondamento della sua gioia. San Giovanni scrive: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).

A Natale dunque non ci limitiamo a commemorare la nascita di un grande personaggio; non celebriamo semplicemente ed in astratto il mistero della nascita dell’uomo o in generale il mistero della vita; tanto meno festeggiamo solo l’inizio della nuova stagione. A Natale ricordiamo qualcosa di assai concreto ed importante per gli uomini, qualcosa di essenziale per la fede cristiana, una verità che san Giovanni riassume in queste poche parole: "il Verbo si è fatto carne". Si tratta di un evento storico che l’evangelista Luca si preoccupa di situare in un contesto ben determinato: nei giorni in cui fu emanato il decreto per il primo censimento di Cesare Augusto, quando Quirino era già governatore della Siria (cfr Lc 2,1-7).

E’ dunque in una notte storicamente datata che si verificò l’evento di salvezza che Israele attendeva da secoli. Nel buio della notte di Betlemme si accese, realmente, una grande luce: il Creatore dell’universo si è incarnato unendosi indissolubilmente alla natura umana, sì da essere realmente "Dio da Dio, luce da luce" e al tempo stesso uomo, vero uomo.

Quel che Giovanni, chiama in greco "ho logos" – tradotto in latino "Verbum" e in italiano "il Verbo" - significa anche "il Senso". Quindi potremmo intendere l’espressione di Giovanni così: il "Senso eterno" del mondo si è fatto tangibile ai nostri sensi e alla nostra intelligenza: ora possiamo toccarlo e contemplarlo (cfr 1Gv 1,1). Il "Senso" che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una "Parola" rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chiama, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo , ma è una Persona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme.

A molti uomini, ed in qualche modo a noi tutti, questo sembra troppo bello per essere vero. In effetti, qui ci viene ribadito: sì, esiste un senso, ed il senso non è una protesta impotente contro l’assurdo. Il Senso ha potere: è Dio. Un Dio buono, che non va confuso con un qualche essere eccelso e lontano, a cui non ci sarebbe mai dato di arrivare, ma un Dio che si è fatto nostro prossimo e ci è molto vicino, che ha tempo per ciascuno di noi e che è venuto per rimanere con noi. E’ allora spontaneo domandarsi: "E’ mai possibile una cosa del genere? E’ cosa degna di Dio farsi bambino?". Per cercare di aprire il cuore a questa verità che illumina l’intera esistenza umana, occorre piegare la mente e riconoscere la limitatezza della nostra intelligenza. Nella grotta di Betlemme, Dio si mostra a noi umile "infante" per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo.

Cari fratelli e sorelle, il Natale è un’opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della nostra esistenza. L’approssimarsi di questa solennità ci aiuta a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia nella quale gli uomini, feriti dal peccato, sono perennemente alla ricerca della felicità e di un senso appagante del vivere e del morire; dall’altra, ci esorta a meditare sulla bontà misericordiosa di Dio, che è venuto incontro all’uomo per comunicargli direttamente la Verità che salva, e per renderlo partecipe della sua amicizia e della sua vita. Prepariamoci, pertanto, al Natale con umiltà e semplicità, disponendoci a ricevere in dono la luce, la gioia e la pace, che da questo mistero si irradiano. Accogliamo il Natale di Cristo come un evento capace di rinnovare oggi la nostra esistenza. L’incontro con il Bambino Gesù ci renda persone che non pensano soltanto a se stesse, ma si aprono alle attese e alle necessità dei fratelli. In questa maniera diventeremo anche noi testimoni della luce che il Natale irradia sull’umanità del terzo millennio. Chiediamo a Maria Santissima, tabernacolo del Verbo incarnato, e a san Giuseppe, silenzioso testimone degli eventi della salvezza, di comunicarci i sentimenti che essi nutrivano mentre attendevano la nascita di Gesù, in modo che possiamo prepararci a celebrare santamente il prossimo Natale, nel gaudio della fede e animati dall’impegno di una sincera conversione.

Buon Natale a tutti!

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

sábado, 21 de dezembro de 2013

BENEDETTO XVI: Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. Dio è vicino a noi, così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio.

BENEDETTO XVI: Ogni giorno deve crescere in noi la convinzione che la liturgia non è un nostro, un mio «fare», ma è azione di Dio in noi e con noi.


La natura ecclesiale della preghiera liturgica




Cari fratelli e sorelle,

nella scorsa catechesi ho iniziato a parlare di una delle fonti privilegiate della preghiera cristiana: la sacra liturgia, che - come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica - è «partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo. Nella liturgia ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine» (n. 1073).

Oggi vorrei che ci chiedessimo: nella mia vita, riservo uno spazio sufficiente alla preghiera e, soprattutto, che posto ha nel mio rapporto con Dio la preghiera liturgica, specie la Santa Messa, come partecipazione alla preghiera comune del Corpo di Cristo che è la Chiesa?

Nel rispondere a questa domanda dobbiamo ricordare anzitutto che la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo (cfr ibid., 2565). Quindi la vita di preghiera consiste nell’essere abitualmente alla presenza di Dio e averne coscienza, nel vivere in relazione con Dio come si vivono i rapporti abituali della nostra vita, quelli con i familiari più cari, con i veri amici; anzi quella con il Signore è la relazione che dona luce a tutte le altre nostre relazioni. Questa comunione di vita con Dio, Uno e Trino, è possibile perché per mezzo del Battesimo siamo stati inseriti in Cristo, abbiamo iniziato ad essere una sola cosa con Lui (cfr Rm 6,5).

In effetti, solo in Cristo possiamo dialogare con Dio Padre come figli, altrimenti non è possibile, ma in comunione col Figlio possiamo anche dire noi come ha detto Lui: «Abbà». In comunione con Cristo possiamo conoscere Dio come Padre vero (cfr Mt 11,27).
Per questo la preghiera cristiana consiste nel guardare costantemente e in maniera sempre nuova a Cristo, parlare con Lui, stare in silenzio con Lui, ascoltarlo, agire e soffrire con Lui. Il cristiano riscopre la sua vera identità in Cristo, «primogenito di ogni creatura», nel quale sussistono tutte le cose (cfr Col 1,15ss). Nell’identificarmi con Lui, nell’essere una cosa sola con Lui, riscopro la mia identità personale, quella di vero figlio che guarda a Dio come a un Padre pieno di amore.


Ma non dimentichiamo: Cristo lo scopriamo, lo conosciamo come Persona vivente, nella Chiesa. Essa è il «suo Corpo». Tale corporeità può essere compresa a partire dalle parole bibliche sull’uomo e sulla donna: i due saranno una carne sola (cfr Gn 2,24; Ef 5,30ss.; 1 Cor 6,16s). Il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa, attraverso la forza unificante dell’amore, non annulla il «tu» e l’«io», bensì li innalza alla loro unità più profonda.
Trovare la propria identità in Cristo significa giungere a una comunione con Lui, che non mi annulla, ma mi eleva alla dignità più alta, quella di figlio di Dio in Cristo: «la storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più» (Enc. Deus caritas est, 17). Pregare significa elevarsi all’altezza di Dio, mediante una necessaria graduale trasformazione del nostro essere.

Così, partecipando alla liturgia, facciamo nostra la lingua della madre Chiesa, apprendiamo a parlare in essa e per essa. Naturalmente, come ho già detto, questo avviene in modo graduale, poco a poco. Devo immergermi progressivamente nelle parole della Chiesa, con la mia preghiera, con la mia vita, con la mia sofferenza, con la mia gioia, con il mio pensiero. E’ un cammino che ci trasforma.

Penso allora che queste riflessioni ci permettano di rispondere alla domanda che ci siamo fatti all’inizio: come imparo a pregare, come cresco nella mia preghiera? Guardando al modello che ci ha insegnato Gesù, il Padre nostro, noi vediamo che la prima parola è «Padre» e la seconda è «nostro».

La risposta, quindi, è chiara: apprendo a pregare, alimento la mia preghiera, rivolgendomi a Dio come Padre e pregando-con-altri, pregando con la Chiesa, accettando il dono delle sue parole, che mi diventano poco a poco familiari e ricche di senso. Il dialogo che Dio stabilisce con ciascuno di noi, e noi con Lui, nella preghiera include sempre un «con»; non si può pregare Dio in modo individualista. Nella preghiera liturgica, soprattutto l’Eucaristia, e - formati dalla liturgia - in ogni preghiera, non parliamo solo come singole persone, bensì entriamo nel «noi» della Chiesa che prega. E dobbiamo trasformare il nostro «io» entrando in questo «noi».
Vorrei richiamare un altro aspetto importante. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: «Nella liturgia della Nuova Alleanza, ogni azione liturgica, specialmente la celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, è un incontro tra Cristo e la Chiesa» (n. 1097); quindi è il «Cristo totale», tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo che celebra.
La liturgia allora non è una specie di «auto-manifestazione» di una comunità, ma è invece l’uscire dal semplice «essere-se-stessi», essere chiusi in se stessi, e l’accedere al grande banchetto, l’entrare nella grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre. La liturgia implica universalità e questo carattere universale deve entrare sempre di nuovo nella consapevolezza di tutti. La liturgia cristiana è il culto del tempio universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’ il culto del cielo aperto.
Non è mai solamente l’evento di una comunità singola, con una sua collocazione nel tempo e nello spazio. E’ importante che ogni cristiano si senta e sia realmente inserito in questo «noi» universale, che fornisce il fondamento e il rifugio all’«io», nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.
In questo dobbiamo tenere presente e accettare la logica dell’incarnazione di Dio: Egli si è fatto vicino, presente, entrando nella storia e nella natura umana, facendosi uno di noi. E questa presenza continua nella Chiesa, suo Corpo.
La liturgia allora non è il ricordo di eventi passati, ma è la presenza viva del Mistero Pasquale di Cristo che trascende e unisce i tempi e gli spazi. Se nella celebrazione non emerge la centralità di Cristo non avremo liturgia cristiana, totalmente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice. Dio agisce per mezzo di Cristo e noi non possiamo agire che per mezzo suo e in Lui. Ogni giorno deve crescere in noi la convinzione che la liturgia non è un nostro, un mio «fare», ma è azione di Dio in noi e con noi.
Quindi, non è il singolo - sacerdote o fedele - o il gruppo che celebra la liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. Questa universalità ed apertura fondamentale, che è propria di tutta la liturgia, è una delle ragioni per cui essa non può essere ideata o modificata dalla singola comunità o dagli esperti, ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale.
Anche nella liturgia della più piccola comunità è sempre presente la Chiesa intera. Per questo non esistono «stranieri» nella comunità liturgica. In ogni celebrazione liturgica partecipa assieme tutta la Chiesa, cielo e terra, Dio e gli uomini. La liturgia cristiana, anche se si celebra in un luogo e uno spazio concreto ed esprime il «sì» di una determinata comunità, è per sua natura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Papa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi. Quanto più una celebrazione è animata da questa coscienza, tanto più fruttuosamente in essa si realizza il senso autentico della liturgia.
Cari amici, la Chiesa si rende visibile in molti modi: nell’azione caritativa, nei progetti di missione, nell’apostolato personale che ogni cristiano deve realizzare nel proprio ambiente. Però il luogo in cui la si sperimenta pienamente come Chiesa è nella liturgia: essa è l’atto nel quale crediamo che Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare. È l’atto nel quale entriamo in contatto con Dio: Egli viene a noi, e noi siamo illuminati da Lui. Per questo, quando nelle riflessioni sulla liturgia noi centriamo la nostra attenzione soltanto su come renderla attraente, interessante bella, rischiamo di dimenticare l’essenziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi; è opera sua; è Lui il soggetto; e noi dobbiamo aprirci a Lui e lasciarci guidare da Lui e dal suo Corpo che è la Chiesa.
Chiediamo al Signore di imparare ogni giorno a vivere la sacra liturgia, specialmente la Celebrazione eucaristica, pregando nel «noi» della Chiesa, che dirige il suo sguardo non a se stessa, ma a Dio, e sentendoci parte della Chiesa vivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Grazie.



BENEDETTO XVI: la liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.






























La Liturgia, scuola di preghiera: il Signore stesso ci insegna a pregare



Cari fratelli e sorelle,

in questi mesi abbiamo compiuto un cammino alla luce della Parola di Dio, per imparare a pregare in modo sempre più autentico guardando ad alcune grandi figure dell’Antico Testamento, ai Salmi, alle Lettere di san Paolo e all’Apocalisse, ma soprattutto guardando all’esperienza unica e fondamentale di Gesù, nel suo rapporto con il Padre celeste.
In realtà, solo in Cristo l’uomo è reso capace di unirsi a Dio con la profondità e la intimità di un figlio nei confronti di un padre che lo ama, solo in Lui noi possiamo rivolgerci in tutta verità a Dio chiamandolo con affetto “Abbà! Padre!”. Come gli Apostoli, anche noi abbiamo ripetuto in queste settimane e ripetiamo a Gesù oggi: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1).
Inoltre, per apprendere a vivere ancora più intensamente la relazione personale con Dio abbiamo imparato a invocare lo Spirito Santo, primo dono del Risorto ai credenti, perché è Lui che «viene in aiuto alla nostra debolezza: da noi non sappiamo come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26), dice san Paolo, e noi sappiamo come abbia ragione.
A questo punto, dopo una lunga serie di catechesi sulla preghiera nella Scrittura, possiamo domandarci: come posso io lasciarmi formare dallo Spirito Santo e così divenire capace di entrare nell'atmosfera di Dio, di pregare con Dio? Qual è questa scuola nella quale Egli mi insegna a pregare, viene in aiuto alla mia fatica di rivolgermi in modo giusto a Dio?
La prima scuola per la preghiera - lo abbiamo visto in queste settimane - è la Parola di Dio, la Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura è un permanente dialogo tra Dio e l'uomo, un dialogo progressivo nel quale Dio si mostra sempre più vicino, nel quale possiamo conoscere sempre meglio il suo volto, la sua voce, il suo essere; e l'uomo impara ad accettare di conoscere Dio, a parlare con Dio. Quindi, in queste settimane, leggendo la Sacra Scrittura, abbiamo cercato, dalla Scrittura, da questo dialogo permanente, di imparare come possiamo entrare in contatto con Dio.
C’è ancora un altro prezioso «spazio», un’altra preziosa «fonte» per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissima relazione con la precedente. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.
Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica - sussidio sempre prezioso, direi indispensabile – possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). Se la teologia cristiana prese questo vocabolo del mondo greco, lo fece ovviamente pensando al nuovo Popolo di Dio nato da Cristo che ha aperto le sue braccia sulla Croce per unire gli uomini nella pace dell’unico Dio. «Servizio in favore del popolo», un popolo che non esiste da sé, ma che si è formato grazie al Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che Egli ci ottiene.
Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio.
Questo ce lo ha ricordato lo sviluppo stesso del Concilio Vaticano II, che iniziò i suoi lavori, cinquant’anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato poi solennemente il 4 dicembre del 1963, il primo testo approvato dal Concilio.
Che il documento sulla liturgia fosse il primo risultato dell’assemblea conciliare forse fu ritenuto da alcuni un caso. Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare.
Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista può sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei temi e dei compiti più importanti della Chiesa. Iniziando, infatti, con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera.
Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che ci santificano (cfr Presbyterorum ordinis, 5). Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.
Facciamo un altro passo in avanti e chiediamoci: in che modo si rende possibile questa attualizzazione del Mistero Pasquale di Cristo? Il beato Papa Giovanni Paolo II, a 25 anni dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, scrisse: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr Gv 17,3)»(Vicesimus quintus annus, n. 7).
Sulla stessa linea, leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica così: «Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153).
Pertanto la prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia preghiera, colloquio con Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San Benedetto, nella sua «Regola», parlando della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, « la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente.
Abitualmente non avviene così, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l'inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare all'interno delle parole, nel loro significato, accoglierle in noi, metterci noi in sintonia con queste parole; così diventiamo figli di Dio, simili a Dio. Come ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia della celebrazione «è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano» (n. 11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo conformati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio.
In questa linea, vorrei solo accennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordanza, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghiera Eucaristica: «Sursum corda», innalziamo i nostri cuori al di fuori del groviglio delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angustie, della nostra distrazione.
Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una disposizione fondamentale.Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità, verso l’amore, verso Dio. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum.
Cari amici, celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se rimaniamo in atteggiamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agire, ma se orientiamo il nostro cuore a Dio e stiamo in atteggiamento di preghiera unendoci al Mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre.
Dio stesso ci insegna a pregare, afferma san Paolo (cfr Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebrazione eucaristica. Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fatto che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2564). Grazie.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

BENEDETTO XVI: Nel Natale, il Figlio di Dio nasce ancora «oggi», Dio è veramente vicino a ciascuno di noi e vuole incontrarci, vuole portarci a Lui.



UDIENZA GENERALE: VIDEO INTEGRALE

CATECHESI: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA


Il Santo NataleCari fratelli e sorelle,

Sono lieto di accogliervi in Udienza generale a pochi giorni dalla celebrazione del Natale del Signore. Il saluto che corre in questi giorni sulle labbra di tutti è "Buon Natale! Auguri di buone feste natalizie!". Facciamo in modo che, anche nella società attuale, lo scambio degli auguri non perda il suo profondo valore religioso, e la festa non venga assorbita dagli aspetti esteriori, che toccano le corde del cuore. Certamente, i segni esterni sono belli e importanti, purché non ci distolgano, ma piuttosto ci aiutino a vivere il Natale nel suo senso più vero, quello sacro e cristiano, in modo che anche la nostra gioia non sia superficiale, ma profonda.

Con la liturgia natalizia la Chiesa ci introduce nel grande Mistero dell’Incarnazione. Il Natale, infatti, non è un semplice anniversario della nascita di Gesù, è anche questo, ma è di più, è celebrare un Mistero che ha segnato e continua a segnare la storia dell’uomo – Dio stesso è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14), si è fatto uno di noi -; un Mistero che interessa la nostra fede e la nostra esistenza; un Mistero che viviamo concretamente nelle celebrazioni liturgiche, in particolare nella Santa Messa. Qualcuno potrebbe chiedersi: come è possibile che io viva adesso questo evento così lontano nel tempo? Come posso prendere parte fruttuosamente alla nascita del Figlio di Dio avvenuta più di duemila anni fa? Nella Santa Messa della Notte di Natale, ripeteremo come ritornello al Salmo Responsoriale queste parole: «Oggi è nato per noi il Salvatore».

Questo avverbio di tempo, «oggi», ricorre più volte in tutte le celebrazioni natalizie ed è riferito all’evento della nascita di Gesù e alla salvezza che l’Incarnazione del Figlio di Dio viene a portare. Nella Liturgia tale avvenimento oltrepassa i limiti dello spazio e del tempo e diventa attuale, presente; il suo effetto perdura, pur nello scorrere dei giorni, degli anni e dei secoli. Indicando che Gesù nasce «oggi», la Liturgia non usa una frase senza senso, ma sottolinea che questa Nascita investe e permea tutta la storia, rimane una realtà anche oggi alla quale possiamo arrivare proprio nella liturgia.
A noi credenti la celebrazione del Natale rinnova la certezza che Dio è realmente presente con noi, ancora "carne" e non solo lontano: pur essendo col Padre è vicino a noi. Dio, in quel Bambino nato a Betlemme, si è avvicinato all’uomo: noi Lo possiamo incontrare adesso, in un «oggi» che non ha tramonto.
Vorrei insistere su questo punto, perché l’uomo contemporaneo, uomo del "sensibile", dello sperimentabile empiricamente, fa sempre più fatica ad aprire gli orizzonti ed entrare nel mondo di Dio. La redenzione dell’umanità avviene certo in un momento preciso e identificabile della storia: nell’evento di Gesù di Nazaret; ma Gesù è il Figlio di Dio, è Dio stesso, che non solo ha parlato all’uomo, gli ha mostrato segni mirabili, lo ha guidato lungo tutta una storia di salvezza, ma si è fatto uomo e rimane uomo. L’Eterno è entrato nei limiti del tempo e dello spazio, per rendere possibile «oggi» l’incontro con Lui.
I testi liturgici natalizi ci aiutano a capire che gli eventi della salvezza operata da Cristo sono sempre attuali, interessano ogni uomo e tutti gli uomini. Quando ascoltiamo o pronunciamo, nelle celebrazioni liturgiche, questo «oggi è nato per noi il Salvatore», non stiamo utilizzando una vuota espressione convenzionale, ma intendiamo che Dio ci offre «oggi», adesso, a me, ad ognuno di noi la possibilità di riconoscerlo e di accoglierlo, come fecero i pastori a Betlemme, perché Egli nasca anche nella nostra vita e la rinnovi, la illumini, la trasformi con la sua Grazia, con la sua Presenza.

Il Natale, dunque, mentre commemora la nascita di Gesù nella carne, dalla Vergine Maria - e numerosi testi liturgici fanno rivivere ai nostri occhi questo o quell’episodio -, è un evento efficace per noi. Il Papa san Leone Magno, presentando il senso profondo della Festa del Natale, invitava i suoi fedeli con queste parole: «Esultiamo nel Signore, o miei cari, e apriamo il nostro cuore alla gioia più pura, perché è spuntato il giorno che per noi significa la nuova redenzione, l’antica preparazione, la felicità eterna. Si rinnova infatti per noi nel ricorrente ciclo annuale l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine» (Sermo 22, In Nativitate Domini, 2,1: PL 54,193). E, sempre san Leone Magno, in un’altra delle sue Omelie natalizie, affermava: «Oggi l’autore del mondo è stato generato dal seno di una vergine: colui che aveva fatto tutte le cose si è fatto figlio di una donna da lui stesso creata. Oggi il Verbo di Dio è apparso rivestito di carne e, mentre mai era stato visibile a occhio umano, si è reso anche visibilmente palpabile. Oggi i pastori hanno appreso dalla voce degli angeli che era nato il Salvatore nella sostanza del nostro corpo e della nostra anima» (Sermo 26, In Nativitate Domini, 6,1: PL 54,213).

C’è un secondo aspetto al quale vorrei accennare brevemente: l’evento di Betlemme deve essere considerato alla luce del Mistero Pasquale: l’uno e l’altro sono parte dell’unica opera redentrice di Cristo. L’Incarnazione e la nascita di Gesù ci invitano già ad indirizzare lo sguardo verso la sua morte e la sua risurrezione: Natale e Pasqua sono entrambe feste della redenzione. La Pasqua la celebra come vittoria sul peccato e sulla morte: segna il momento finale, quando la gloria dell’Uomo-Dio splende come la luce del giorno; il Natale la celebra come l’entrare di Dio nella storia facendosi uomo per riportare l’uomo a Dio: segna, per così dire, il momento iniziale, quando si intravede il chiarore dell’alba. Ma proprio come l’alba precede e fa già presagire la luce del giorno, così il Natale annuncia già la Croce e la gloria della Risurrezione. Anche i due periodi dell’anno, in cui sono collocate le due grandi feste, almeno in alcune aree del mondo, possono aiutare a comprendere questo aspetto. Infatti, mentre la Pasqua cade all’inizio della primavera, quando il sole vince le dense e fredde nebbie e rinnova la faccia della terra, il Natale cade proprio all’inizio dell’inverno, quando la luce e il calore del sole non riescono a risvegliare la natura, avvolta dal freddo, sotto la cui coltre, però, pulsa la vita e comincia di nuovo la vittoria del sole e del calore.

I Padri della Chiesa leggevano sempre la nascita di Cristo alla luce dall’intera opera redentrice, che trova il suo vertice nel Mistero Pasquale. L’Incarnazione del Figlio di Dio appare non solo come l’inizio e la condizione della salvezza, ma come la presenza stessa del Mistero della nostra salvezza: Dio si fa uomo, nasce bambino come noi, prende la nostra carne per vincere la morte e il peccato. Due significativi testi di san Basilio lo illustrano bene. San Basilio diceva ai fedeli: «Dio assume la carne proprio per distruggere la morte in essa nascosta. Come gli antidoti di un veleno una volta ingeriti ne annullano gli effetti, e come le tenebre di una casa si dissolvono alla luce del sole, così la morte che dominava sull’umana natura fu distrutta dalla presenza di Dio. E come il ghiaccio rimane solido nell’acqua finché dura la notte e regnano le tenebre, ma subito si scioglie al calore del sole, così la morte che aveva regnato fino alla venuta di Cristo, appena apparve la grazia di Dio Salvatore e sorse il sole di giustizia, "fu ingoiata dalla vittoria" (1 Cor 15,54), non potendo coesistere con la Vita» (Omelia sulla nascita di Cristo, 2: PG 31,1461). E ancora san Basilio, in un altro testo, rivolgeva questo invito: «Celebriamo la salvezza del mondo, il natale del genere umano. Oggi è stata rimessa la colpa di Adamo. Ormai non dobbiamo più dire: "Sei in polvere e in polvere ritornerai" (Gn 3,19), ma: unito a colui che è venuto dal cielo, sarai ammesso in cielo" (Omelia sulla nascita di Cristo, 6: PG 31,1473).

Nel Natale noi incontriamo la tenerezza e l’amore di Dio che si china sui nostri limiti, sulle nostre debolezze, sui nostri peccati e si abbassa fino a noi. San Paolo afferma che Gesù Cristo «pur essendo nella condizione di Dio… svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,6-7). Guardiamo alla grotta di Betlemme: Dio si abbassa fino ad essere adagiato in una mangiatoia, che è già preludio dell’abbassamento nell’ora della sua passione. Il culmine della storia di amore tra Dio e l’uomo passa attraverso la mangiatoia di Betlemme e il sepolcro di Gerusalemme.

Cari fratelli e sorelle, viviamo con gioia il Natale che si avvicina. Viviamo questo evento meraviglioso: il Figlio di Dio nasce ancora «oggi», Dio è veramente vicino a ciascuno di noi e vuole incontrarci, vuole portarci a Lui. Egli è la vera luce, che dirada e dissolve le tenebre che avvolgono la nostra vita e l’umanità. Viviamo il Natale del Signore contemplando il cammino dell’amore immenso di Dio che ci ha innalzati a Sé attraverso il Mistero di Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione del suo Figlio, poiché – come afferma sant’Agostino - «in [Cristo] la divinità dell’Unigenito si è fatta partecipe della nostra mortalità, affinché noi fossimo partecipi della sua immortalità» (Epistola 187,6,20: PL 33,839-840). Soprattutto contempliamo e viviamo questo Mistero nella celebrazione dell’Eucaristia, centro del Santo Natale; lì si rende presente in modo reale Gesù, vero Pane disceso dal cielo, vero Agnello sacrificato per la nostra salvezza.

Auguro a tutti voi e alle vostre famiglie di celebrare un Natale veramente cristiano, in modo che anche gli scambi di auguri in quel giorno siano espressione della gioia di sapere che Dio ci è vicino e vuole percorrere con noi il cammino della vita. Grazie.

SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI : Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. Dio è vicino a noi, così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio.




Vogliamo adesso brevemente meditare il bellissimo Vangelo di questa quarta Domenica d’Avvento, che è per me una delle più belle pagine della Sacra Scrittura. E vorrei – per non essere troppo lungo – riflettere solo su tre parole di questo ricco Vangelo.

La prima parola che vorrei meditare con voi è il saluto dell’Angelo a Maria. Nella traduzione italiana l’Angelo dice: “Ti saluto, Maria”. Ma la parola greca sottostante, “Kaire”, significa di per sé “gioisci”, “rallegrati”. E qui c’è una prima cosa che sorprende: il saluto tra gli ebrei era “Shalom”, “pace”, mentre il saluto nel mondo greco era “Kaire”, “rallegrati”. E’ sorprendente che l’Angelo, entrando nella casa di Maria, saluti con il saluto dei greci: “Kaire”, “rallegrati, gioisci”.


E i greci, quando quarant'anni anni dopo hanno letto questo Vangelo, hanno potuto qui vedere un messaggio importante: hanno potuto capire che con l’inizio del Nuovo Testamento, a cui questa pagina di Luca faceva riferimento, si era avuta anche l’apertura al mondo dei popoli, all’universalità del Popolo di Dio, che ormai abbracciava non più soltanto il popolo ebreo, ma anche il mondo nella sua totalità, tutti i popoli. Appare in questo saluto greco dell’Angelo la nuova universalità del Regno del vero Figlio di Davide.

Ma è opportuno rilevare subito che le parole dell’Angelo sono la ripresa di una promessa profetica del Libro del Profeta Sofonia. Troviamo qui quasi letteralmente quel saluto. Il profeta Sofonia, ispirato da Dio, dice ad Israele: “Rallegrati, figlia di Sion; il Signore è con te e prende in te la Sua dimora". Sappiamo che Maria conosceva bene le Sacre Scritture. Il suo Magnificat è un tessuto fatto di fili dell’Antico Testamento. Possiamo perciò essere certi che la Santa Vergine capì subito che queste erano parole del Profeta Sofonia indirizzate a Israele, alla "figlia di Sion", considerata come dimora di Dio. E adesso la cosa sorprendente che fa riflettere Maria è che tali parole, indirizzate a tutto Israele, vengono rivolte in special modo a lei, Maria. E così le appare con chiarezza che proprio lei è la "figlia di Sion" di cui ha parlato il profeta, che quindi il Signore ha un'intenzione speciale per lei, che lei è chiamata ad essere la vera dimora di Dio, una dimora non fatta di pietre, ma di carne viva, di un cuore vivo, che Dio intende in realtà prendere come Suo vero tempio proprio lei, la Vergine. Che indicazione! E possiamo allora capire che Maria cominci a riflettere con particolare intensità su che cosa voglia dire questo saluto.

Ma fermiamoci adesso soprattutto sulla prima parola: “gioisci, rallegrati”. Questa è la prima parola che risuona nel Nuovo Testamento come tale, perché l’annuncio fatto dall'angelo a Zaccaria circa la nascita di Giovanni Battista è parola che risuona ancora sulla soglia tra i due Testamenti. Solo con questo dialogo, che l'angelo Gabriele ha con Maria, comincia realmente il Nuovo Testamento. Possiamo quindi dire che la prima parola del Nuovo Testamento è un invito alla gioia: “gioisci, rallegrati!”. Il Nuovo Testamento è veramente "Vangelo", la “Buona Notizia” che ci porta gioia. Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. Dio è vicino a noi, così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio.

Soprattutto il mondo greco ha avvertito questa novità, ha avvertito profondamente questa gioia, perché per loro non era chiaro se esistesse un Dio buono o un Dio cattivo o semplicemente nessun Dio. La religione di allora parlava loro di tante divinità: si sentivano perciò circondati da diversissime divinità, l'una in contrasto con l'altra, così da dover temere che, se facevano una cosa in favore di una divinità, l'altra poteva offendersi e vendicarsi. E così vivevano in un mondo di paura, circondati da demoni pericolosi, senza mai sapere come salvarsi da tali forze in contrasto tra di loro. Era un mondo di paura, un mondo oscuro.
E adesso sentivano dire: “Gioisci, questi demoni sono un niente, c’è il vero Dio e questo vero Dio è buono, ci ama, ci conosce, è con noi, con noi fino al punto di essersi fatto carne!" Questa è la grande gioia che il cristianesimo annuncia. Conoscere questo Dio è veramente la "buona notizia", una parola di redenzione.
Forse noi cattolici, che lo sappiamo da sempre, non siamo più sorpresi, non avvertiamo più con vivezza questa gioia liberatrice. Ma se guardiamo al mondo di oggi, dove Dio è assente, dobbiamo constatare che anch’esso è dominato dalle paure, dalle incertezze: è bene essere uomo o no? è bene vivere o no? è realmente un bene esistere? o forse è tutto negativo? E vivono in realtà in un mondo oscuro, hanno bisogno di anestesie per potere vivere. Così la parola: “gioisci, perché Dio è con te, è con noi", è parola che apre realmente un tempo nuovo. Carissimi, con un atto di fede dobbiamo di nuovo accettare e comprendere nella profondità del cuore questa parola liberatrice: “gioisci!”.

Questa gioia che uno ha ricevuto non può tenersela solo per sé; la gioia deve essere sempre condivisa. Una gioia la si deve comunicare. Maria è subito andata a comunicare la sua gioia alla cugina Elisabetta. E da quando è stata assunta in Cielo distribuisce gioie in tutto il mondo, è divenuta la grande Consolatrice; la nostra Madre che comunica gioia, fiducia, bontà e ci invita a distribuire anche noi la gioia. Questo è il vero impegno dell’Avvento: portare la gioia agli altri. La gioia è il vero dono di Natale, non i costosi doni che impegnano tempo e soldi.

Questa gioia noi possiamo comunicarla in modo semplice: con un sorriso, con un gesto buono, con un piccolo aiuto, con un perdono. Portiamo questa gioia e la gioia donata ritornerà a noi. Cerchiamo, in particolare, di portare la gioia più profonda, quella di avere conosciuto Dio in Cristo. Preghiamo che nella nostra vita traspaia questa presenza della gioia liberatrice di Dio. La seconda parola che vorrei meditare è ancora dell’Angelo: “Non temere, Maria!”, egli dice. In realtà, vi era motivo di temere, perché portare adesso il peso del mondo su di sé, essere la madre del Re universale, essere la madre del Figlio di Dio, quale peso costituiva! Un peso al di sopra delle forze di un essere umano! Ma l’Angelo dice: “Non temere! Sì, tu porti Dio, ma Dio porta te. Non temere!” Questa parola “Non temere” penetrò sicuramente in profondità nel cuore di Maria. Noi possiamo immaginare come in diverse situazioni la Vergine sia ritornata a questa parola, l'abbia di nuovo ascoltata. Nel momento in cui Simeone le dice: “Questo tuo figlio sarà un segno di contraddizione, una spada trafiggerà il tuo cuore”, in quel momento in cui poteva cedere alla paura, Maria torna alla parola dell’Angelo, ne risente interiormente l'eco: “Non temere, Dio ti porta”. Quando poi, durante la vita pubblica, si scatenano le contraddizioni intorno a Gesù, e molti dicono: “E’ pazzo”, lei ripensa: “Non temere", e va avanti. Infine, nell’incontro sulla via del Calvario e poi sotto la Croce, quando tutto sembra distrutto, ella sente ancora nel cuore la parola dell'angelo; “Non temere”. E così coraggiosamente sta accanto al Figlio morente e, sorretta dalla fede, va verso la Resurrezione, verso la Pentecoste, verso la fondazione della nuova famiglia della Chiesa.

Non temere!”, Maria dice questa parola anche a noi. Ho già rilevato che questo nostro mondo è un mondo di paure: paura della miseria e della povertà, paura delle malattie e delle sofferenze, paura della solitudine, paura della morte. Abbiamo, in questo nostro mondo, un sistema di assicurazioni molto sviluppato: è bene che esistano. Sappiamo però che nel momento della sofferenza profonda, nel momento dell’ultima solitudine della morte, nessuna assicurazione potrà proteggerci. L'unica assicurazione valida in quei momenti è quella che ci viene dal Signore che dice anche a noi: “Non temere, io sono sempre con te”. Possiamo cadere, ma alla fine cadiamo nelle mani di Dio e le mani di Dio sono buone mani.

Terza parola: al termine del colloquio Maria risponde all’Angelo: “Sono la Serva del Signore, sia fatto come hai detto tu”. Maria anticipa così la terza invocazione del Padre Nostro: “Sia fatta la Tua volontà”. Dice “sì” alla volontà grande di Dio, una volontà apparentemente troppo grande per un essere umano; Maria dice “sì” a questa volontà divina, si pone dentro questa volontà, inserisce tutta la sua esistenza con un grande “sì” nella volontà di Dio e così apre la porta del mondo a Dio. Adamo ed Eva con il loro “no” alla volontà di Dio avevano chiuso questa porta. “Sia fatta la volontà di Dio”: Maria ci invita a dire anche noi questo “sì” che appare a volte così difficile. Siamo tentati di preferire la nostra volontà, ma Ella ci dice: “Abbi coraggio, dì anche tu: ‘Sia fatta la tua volontà’, perché questa volontà è buona. Inizialmente può apparire come un peso quasi insopportabile, un giogo che non è possibile portare; ma in realtà non è un peso la volontà di Dio, la volontà di Dio ci dona ali per volare in alto, e cosi possiamo osare con Maria anche noi di aprire a Dio la porta della nostra vita, le porte di questo mondo, dicendo “sì” alla Sua volontà, nella consapevolezza che questa volontà è il vero bene e ci guida alla vera felicità. Preghiamo Maria la Consolatrice, la nostra Madre, la Madre della Chiesa, perché ci dia il coraggio di pronunciare questo “sì”, ci dia anche questa gioia di essere con Dio e ci guidi al Suo Figlio, alla vera Vita. Amen!

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terça-feira, 17 de dezembro de 2013

Roberto de Mattei no Brasil e o fim do tabu sobre o Vaticano II.

Roberto de Mattei no Brasil e o fim do tabu sobre o Vaticano II.

Apresentamos a seguir algumas anotações das conferências proferidas pelo Professor Roberto de Mattei em sua jornada por algumas capitais brasileiras.
ALGUNS TÓPICOS DAS CONFERÊNCIAS
“Os documentos não são tudo!”
“E hoje ainda não saímos da Revolução Francesa. Diria ainda mais: me parece que a essência do Vaticano II está precisamente na tentativa de conciliar a Igreja com o mundo moderno nascido na Revolução Francesa, o mundo que a Igreja sempre havia combatido e que hoje deixou de combater. A herança mais pesada que o Concílio nos deixou é, na minha opinião, a perda do espírito militante na Igreja.”
“A Tradição não é apenas a regra fidei da Igreja; é também o fundamento da sociedade. É o critério de juízo sobre a História dessa mesma sociedade.”
“Não se pode sujeitar a verdade divina e imutável aos fatos ou aos eventos, por mais avassaladores e epocais que estes sejam. É a verdade que deve julgar os fatos e a História. A História, por seu lado, serve para nos recordar que o que aconteceu ontem pode se repetir hoje. Que ontem, como hoje e amanhã, nos tempos de crises e dificuldades há sempre uma, e só uma, regra da fé. O critério para discernir o que é católico e o que não é: a fidelidade à Tradição, que é a fidelidade às verdades entregues por Cristo à sua Igreja com essas palavras: ‘O Céu e a Terra passarão, as minhas palavras não passarão’”.
PERGUNTAS E RESPOSTAS
Reforma Litúrgica de 1969
“Eu não vejo bem como se pode aplicar o conceito de hermenêutica da continuidade tendo em vista que a reforma litúrgica foi uma descontinuidade com a tradição litúrgica da Igreja.”
“A essência histórica do Concílio Vaticano II é uma essência revolucionária.”
Sobre a Hermenêutica da Continuidade
“Queria chamar a atenção para o último discurso que o papa Bento XVI fez no dia 14 de fevereiro, alguns dias depois da sua renúncia ao clero romano. Esse discurso é a confissão do fracasso da hermenêutica da continuidade. Nesse discurso Bento XVI admite a crise na Igreja, mas afirma que a causa é a substituição de um Concílio real pelo Concílio virtual (da mídia). O concílio virtual teria ganhado. O problema é que o Concílio virtual é uma realidade tão real quanto o Concílio propriamente com união dos bispos. E isso Sua Santidade parece não reconhecer. Penso que uma das causas da sua renúncia é esse fracasso da hermenêutica da continuidade, portanto, uma consequência desse fracasso.”
“Não me interesso pela questão hermenêutica [de continuidade ou ruptura]; interesso-me pela ‘hermenêutica dos fatos’. Não sigo a hermenêutica da continuidade e não creio que o Papa Francisco a siga”.
Sobre o Papa Francisco
“O Papa Francisco está envolto por uma aura de mistério e o primeiro mistério é a renúncia do papa Bento XVI; o segundo mistério é o que aconteceu dentro do Conclave. Tem-se um pouco a impressão que aconteceu algo de misterioso no Conclave.”
“O problema não é ele não ser romano [de nascimento], mas não ter o espírito romano. O Papa Bento XVI não seguia a escola romana [de teologia], era de outra escola. Questiono, sem ironia, a que escola o Papa Francisco pertence, se é que ele pertence a alguma.”.
Sobre a reforma da cúria
“A reforma de Francisco é diferente da de Paulo VI. Paulo VI substituía conservadores por progressistas. Francisco não quer nem conservadores nem progressistas”.
Sobre os frutos positivos do Vaticano II
“Não me parece interessante saber se há elementos positivos ou negativos no Concílio, porque como o juízo sobre o Concilio é globalmente negativo, se houver elementos positivos, isso o torna mais perigoso. Ressalvo que este se trata de um juízo histórico e global sobre o Concílio.”
Sobre o documento Sacrossantum Concilium
“Esse documento já abre uma brecha, porque confere às Conferencias Episcopais e, em alguns casos, a possibilidade de mudar a língua latina pelo vernáculo. O que aconteceu depois foi certamente muito além do que está no documento, mas penso que as ideias têm uma lógica férrea e já a Sacrossantum Concilium contém alguns efeitos que veríamos depois. Do ponto de vista teológico, o momento de descontinuidade é a promulgação do documento Missale Romano, em 1969, introduzindo completamente a Missa Nova, mas do ponto de vista histórico e psicológico, o momento de ruptura ocorre anos 1965 e 1966, quando, em alguns países, como a Itália, se introduz a missa ordinária em vernáculo.”
A caixa de comentários está aberta aos leitores que desejem acrescentar outras notas sobre aspectos marcantes das conferências.
* * *
CONFERÊNCIA NO RIO DE JANEIRO:

PERGUNTAS E RESPOSTAS NO RIO DE JANEIRO:

Os organizadores estimam que a última conferência, na cidade de São Paulo, contou coma presença de 500 pessoas, contando inclusive com a participação de diversos clérigos devidamente identificados. Roberto de Mattei destacou a sua surpresa e contentamento pela juventude católica bem formada e pujante que encontrou no Brasil.

terça-feira, 10 de dezembro de 2013

Professor Roberto de Mattei no Rio de Janeiro: uma perspectiva histórica sobre o Concílio Vaticano II.

 

“Sem o Vaticano II não conseguimos compreender o Papa Francisco; não conseguimos compreender a crise atual na Igreja. Essa crise existe, está diante dos nossos olhos e não tem precedentes na História; ela é uma crise que a todos nos diz respeito como homens e como cristãos.”
Por Fratres in Unum.comRealizou-se na tarde do último domingo, dia 8, no Rio de Janeiro, a tão aguardada conferência do Professor Roberto de Mattei. O salão de conferências do Hotel Flórida ficou repleto e os organizadores estimam que cerca de duzentas pessoas estiveram presentes para prestigiar o renomado historiador e professor titular de História da Igreja e do Cristianismo na Universidade Europeia de Roma.
Professor Roberto de Mattei no Rio de Janeiro: evento contou com cerca de 200 assistentes.
Professor Roberto de Mattei no Rio de Janeiro: evento contou com cerca de 200 assistentes.
Após a apresentação dos componentes da mesa pelo Sr. Mario Dias de Oliveira, Presidente do Instituto Vera Fides, teve inicio pontualmente às 16:30h a palestra do Prof. Roberto de Mattei, que foi proferida em língua portuguesa, para admiração dos presentes. Durante mais de uma hora, Roberto de Mattei falou interruptamente com suma clareza e objetividade sobre o evento mais marcante para a Igreja Católica no último século.
Inicialmente, de Mattei abordou a finalidade dos Concílios em geral — confirmar uma doutrina ou corrigir um erro, ainda que eles não fossem privados da dimensão pastoral. Ao contrário dos anteriores, o Concílio Vaticano II [1] preferiu expressar-se da maneira “pastoral”, adaptando sua linguagem ao homem moderno, priorizando, assim, esta dimensão em relação àquela doutrinal. Consequentemente, o Concílio deixou de condenar problemas gravíssimos, como, por exemplo, o comunismo. João XXIII já preconizava essa postura na abertura da Assembléia: “Agora, porém, a esposa de Cristo prefere usar mais o remédio da misericórdia do que o da severidade. Julga satisfazer melhor às necessidades de hoje mostrando a validez da sua doutrina do que renovando condenações”.
Sucesso de público: cadeiras tiveram que ser adicionadas e o espaço ficou pequeno.
Sucesso de público: cadeiras tiveram que ser adicionadas e o espaço ficou pequeno.
De Mattei, então, discorreu sobre o esforço de padres conciliares conservadores a fim de pedir ao Santo Padre que o Concílio condenasse explicitamente o Comunismo. Essa iniciativa contou com o trabalho de um pequeno grupo constituído especialmente por Dom Antonio de Castro Mayer, bispo de Campos, Dom Geraldo de Proença Sigaud, bispo de Diamantina e pelo Prof. Plínio Correa de Oliveira, que consultaram centenas de Padres Conciliares sobre a oportunidade do Concílio se pronunciar contra a ideologia que dizimou milhões de homens no século passado. A essa iniciativa somou-se outra correlata, que pedia a consagração da Rússia ao Imaculado Coração de Maria. Ambas não lograram êxito. De Mattei discorreu também sobre as evidências de um acordo (o Pacto de Metz) [2] entre Roma e a Igreja Ortodoxa, segundo o qual o Concílio se absteria de condenar o comunismo em troca da participação de observadores do Patriarcado de Moscou.
Em seguida, foram abordadas questões como, por exemplo, a infiltração do comunismo nas estruturas a Igreja e o apoio de prelados vermelhos, como Dom Helder Câmara.
O professor explanou sobre o jogo de forças entre os dois grupos principais: progressistas – sobretudo de língua alemã — e conservadores, e o que ele chamou de Terceiro Partido, um grupo de Padres Conciliares sem muitas pretensões ideológicas e que se deixavam guiar pelo lobby dos dois anteriores.
Como ponto de destaque, o professor de Mattei salientou que o Concílio Vaticano II não pode ser visto apenas como aquilo que está escrito em seus documentos, mas sim como um evento global, que abrange diversos aspectos, incluindo suas consequências. Para exemplificar, ele falou da Revolução Francesa, comentando que “não é preciso que se leia ou se tenha conhecimento dos estatutos e documentos que a ensejaram; todos sabem o que a Revolução Francesa realmente significou, a julgar por seus frutos.” Pois bem, assim é o Concílio. Não se pode restringi-lo apenas aos seus documentos.
O professor deixou claro que sua análise do Concílio era sob o ponto de vista histórico, e que a ele não competia analisar o valor intrínseco de seus documentos, que deveriam ser analisados por teólogos e pela própria Igreja, em caráter dogmático.
Como uma das consequências mais prejudiciais do Vaticano II, o professor citou a substituição do conceito de “Igreja Militante” pelo de “Igreja Peregrina”. No início da palestra, citando o Padre O’Malley, ele comentou sobre o estilo dos documentos conciliares, que seria uma revolução na linguagem dos documentos da Igreja. A omissão ou limitação de referências ao Inferno, mesmo sem ser uma heresia, pode levar a caminhos graves, ou seja, a ideia de que ele não existe porque não se fala dele.
Uma longa fila formou-se para o autógrafo.
Uma longa fila formou-se para o autógrafo.
Após um pequeno intervalo, houve uma sessão de perguntas e respostas. O professor de Mattei respondeu a todas com muita clareza e simplicidade, ainda que fossem polêmicas ou delicadas. Uma das perguntas versava sobre a declaração do então Papa Bento XVI ao clero de Roma, a qual reclamava a existência de um Concílio Real e um Concílio da Mídia. O professor de Mattei respondeu que até se pode falar de um Concílio da Mídia [inventado pelos meios de comunicação], mas que este está também incluído dentro do único Concílio – o Concílio Real -, que deve ser analisado como um evento global.
A pedido do próprio Prof. de Mattei, as respostas foram dadas em italiano para melhor clareza e gentilmente traduzidas para o português pelo Dr. Mario Navarro da Costa, diretor de campanhas do IPCO, que atuou como intérprete para as perguntas e respostas.
O evento marcou ainda o lançamento do livro “Apologia da Tradição, um post-scriptum do livro Concílio Vaticano II – Uma História Nunca Escrita”, da Editora Ambientes & Costumes. Ao final dessa sessão, seis participantes foram sorteados com livros do autor, que foram entregues por cada um dos organizadores que compuseram a mesa.
Ao final, uma longa fila se formou para que todos pudessem ter seus livros autografados e cumprimentar pessoalmente o ilustre palestrante. Enquanto isso, os demais participantes puderam desfrutar de um café oferecido pelos organizadores e, assim, trocar ideias sobre a excelente conferência.
Da esquerda para a direita: Sra. Teresa Maria Freixinho (Fratres in Unum), Sr. Rodolpho Loreto (Instituto Vera Fides), S.A.I.R. Dom Antônio de Orleans e Bragança, Sr. Márcio Coutinho (Ação Jovem pela Terra de Santa Cruz) e o Sr. Mario Dias de Oliveira (Presidente do Instituto Vera Fides e Mestre de Cerimônias do Evento).
Da esquerda para a direita: Sra. Teresa Maria Freixinho (Fratres in Unum), Sr. Rodolpho Loreto (Instituto Vera Fides), S.A.I.R. Dom Antônio de Orleans e Bragança, Sr. Márcio Coutinho (Ação Jovem pela Terra de Santa Cruz) e o Sr. Mario Dias de Oliveira (Presidente do Instituto Vera Fides e Mestre de Cerimônias do Evento).
Agradecemos a todos os leitores do Fratres in Unum que participaram do evento no Rio de Janeiro e deixamos a caixa de comentários aberta a estes e também àqueles que estiveram ontem na palestra no Recife, para nos relatem suas impressões. Lembrando ainda que, conforme noticiamos anteriormente, hoje a palestra será em Brasília e na quinta-feira em São Paulo.

segunda-feira, 9 de dezembro de 2013

Francescani dell’Immacolata: chiediamo le dimissioni di padre Volpi. Recoger firmas para exigir la renuncia del Padre Fidenzio Volpi de su cargo como comisario de los Franciscanos de la Inmaculada.

Recueillir des signatures pour exiger la démission du Père Fidenzio Volpi de son poste de commissaire des Franciscains de l'Immaculée



Un ordre de franciscain-dellImmacolata(Roberto de Mattei) Un groupe de sites et associations de laïcs catholiques ont commencé à recueillir des signatures pour exiger la démission du Père Fidenzio Volpi de son poste de commissaire des Franciscains de l'Immaculée. Tout le monde qui veut se joindre à cet appel peut le faire en cliquant ici .
Nous exigeons la démission du Père Fidenzio Volpi de son poste de commissaire politique des Franciscains de l'Immaculée. En l'espace de cinq mois Volpi père brisé l'institut provoquant le chaos et la souffrance à l'intérieur, scandale parmi les fidèles, critiques dans la presse, de l'inconfort et de la confusion dans le monde de l'église. Il importe peu de savoir si le père Volpi est l'auteur ou l'exécuteur du plan de destruction. Ce qui est certain, c'est que si le plan n'est pas arrêtée et les conséquences seront désastreuses pour éviter une catastrophe de complément en cas de catastrophe qui Volpi père devrait être libéré.
Après le décret du commissaire, du 11 Juillet, Volpi père, avec l'aide d'une poignée de subcommissari sauvage, y compris son père Alfonso Bruno et le professeur. Mario Castellano, a commencé à s'effondrer son école de hache. Il interdit la célébration de la Sainte Messe et la Liturgie des Heures dans la forme extraordinaire prévue par le Motu Proprio Summorum Pontificum , a passé la commande des administrations publiques ensemble, à commencer par le père fondateur Stefano Maria Manelli, qui est en résidence surveillée sans le savoir les raisons; est évincé et transférés l'un après l'autre les employés les plus fidèles père Manelli, toute personnalité intellectuelle et morale de premier plan la, attribuant leurs positions dans Frères dissidents, souvent sans instruction gouvernement et inexpérimenté, menacé et puni Frères qui avaient adressé une pétition au Saint-Siège et a refusé de se rétracter, et enfin, avec un diktat du 8 Décembre, 2013 a clôturé le séminaire, suspendu les ordinations sacerdotales et diaconales, frappé publications médusés de la maison d'édition Mariana, leur interdisant de distribué dans les églises et les sanctuaires qui lui sont confiées guerre de religion a augmenté son personnel à l'enseignement supérieur et de laïcs qui soutiennent l'institution, de suspendre toutes les activités du MIM (Mission de l'Immaculée Médiatrice) et TOFI (Tiers Ordre franciscain de l'Immaculée Conception); menacée par les Sœurs Franciscaines de la mise sous séquestre Immaculée et les a pris pour les Clarisses de l'Immaculée Conception et l'assistance spirituelle des Frères, et enfin à tous les frères prétendent imposer un "serment moderniste" de la loyauté envers le Novus Ordo Missae et le Vatican II ( cliquez ici pour voir la lettre ).
Volpi père accuse ses détracteurs d'être contre le pape, mais ce régime tyrannique, en plus d'être inconnue à l'histoire de l'Eglise, il est en conflit direct avec le pape Francis, qui a recommandé d'éviter tout autoritarisme et faire preuve de miséricorde et de bonté à des amis et ennemis? Un objectif Vatican, Marco Tosatti, le remarqua, se demandant lastampa.it le 4 Décembre, " mais qu'ont-ils fait, ces pauvres religieux? Spéculé, enfants maltraités, mené une vie immorale? Rien de tout cela . " La vérité est que le père renards, de sa propre initiative ou pour le compte de tiers, veut normaliser les Franciscains de l'Immaculée, les rendant semblables à d'autres ordres religieux à la dérive. Pour y parvenir, il est nécessaire de transformer leur doctrine et de la morale spirituelle, détruire la discipline interne, écraser la reconquête de la liturgie traditionnelle, ouverte à la corruption du monde, comme ils l'ont fait, avec des résultats catastrophiques, lui et son ordre des Capucins.
Paul VI dans son exhortation apostolique adressée au, religieux testificatio évangélique du 29 Juin 1971 Note que vous devez obéir à leurs supérieurs, " sauf pour un ordre manifestement contraire aux lois de Dieu ou les constitutions de l'institut, ou un impliquant une mal grave et certain - dans ce cas, il n'existe pas l'obligation de lui obéir . " Si Volpi père ne sera pas libérée, vous serez inévitablement un conflit de conscience religieuse et religieux qui veulent garder le charisme des Franciscains de l'Immaculée et de la fidélité à la Tradition de l'Eglise. (de Roberto de Mattei )

Sammeln fordern den Rücktritt von Pater Fidenzio Volpi von seinem Amt als Beauftragter der Franziskaner der Unbefleckten Empfängnis

Wir fordern den Rücktritt von Herrn Volpi Vater der Franziskaner der Unbefleckten

Bestell-of-Franziskaner-dellImmacolata(Roberto de Mattei) Eine Gruppe von Websites und Verbände der katholischen Laien begann Unterschriften zu sammeln fordern den Rücktritt von Pater Fidenzio Volpi von seinem Amt als Beauftragter der Franziskaner der Unbefleckten Empfängnis. Jeder, der diesen Anruf beitreten möchte kann dies tun, indem Sie hier klicken .
Wir fordern den Rücktritt von Vater Fidenzio Volpi von seiner Position als politischer Kommissar der Franziskaner der Unbefleckten Empfängnis. Im Raum von fünf Monaten Volpi Vater zertrümmert das Institut Chaos und Leid auf der Innenseite, Skandal unter den Gläubigen, Kritik in der Presse, Unbehagen und Verwirrung in der Kirche weltweit. Es ist unwichtig, ob Vater Volpi ist Autor und Vollstrecker der Plan der Zerstörung. Sicher ist, dass, wenn der Plan nicht angehalten und die Folgen werden verheerend, eine Katastrophe, die Katastrophe Add Volpi Vater entlassen werden sollte verhindern.
Nach dem Dekret der Kommissar, der am 11. Juli Vater Volpi, mit der Hilfe von einer Handvoll Wild subcommissari, darunter sein Vater Alfonso Bruno und dem Professor. Mario Castellano, begann seine Axt Schule abzubauen. Er verbot die Feier der Heiligen Messe und der Liturgie der Stunden in der außerordentlichen Form des Motu Proprio erwartet Summorum Pontificum , hat die gesamte gesamtstaatliche Auftrag, beginnend mit dem Gründungsvater Stefano Maria Manelli, die unter Hausarrest, ohne zu wissen ist die Gründe dafür; verdrängt hat und übertragen eine nach der anderen die treuesten Mitarbeiter Manelli Vater, alle prominenten intellektuellen und moralischen Persönlichkeit zuzuschreiben ihre Positionen in Brüder Dissidenten, die oft ungebildete und unerfahrene Regierung, bedroht und bestraft Brüder, die eine Petition an den Heiligen See gerichtet hatte und sich weigerte, es zurückziehen und schließlich mit einem Diktat vom 8. Dezember 2013 geschlossen das Seminar, suspendiert die priesterlichen und diakonischen Ordinationen, schlug sprachlos Publikationen des Verlages Mariana, verbieten sie von in Kirchen und Heiligtümer, die religiösen Krieg anvertraut zirkuliert ist, seine Mitarbeiter zu tertiären und Laien, die die Institution unterstützt erweitert, die Aussetzung aller Aktivitäten von MIM (Mission der Unbefleckten Mediatrix) und TOFI (franziskanischen Dritten Ordens von der Unbefleckten Empfängnis); von den Franziskanerinnen von der Unbefleckten Konkurs bedroht und hat sie an die Klarissen von der Unbefleckten Empfängnis und der spirituellen Unterstützung der Brüder genommen, und schließlich alle die Brüder den Anspruch, eine "modernistische Eid" Treue zum verhängen Novus Ordo Missae und dem Vatikan II ( hier klicken, um den Brief zu sehen ).
Volpi Vater wirft seinem Kritiker des Seins gegen den Papst, aber das tyrannische Regime, abgesehen davon, unbekannt in der Geschichte der Kirche, in direktem Konflikt mit Papst Franziskus, der um jede Autoritarismus zu vermeiden und um Barmherzigkeit und Güte zu zeigen Freunden empfohlen, ist es und Feinde? Ein Vatikan Ziel, Marco Tosatti, bemerkte ihn und fragte sich, lastampa.it am 4. Dezember ", aber was haben sie getan, diese armen religiös? Spekuliert, missbrauchte Kinder, führte ein unmoralisches Leben? Nichts dergleichen . " Die Wahrheit ist, dass der Vater Füchse, auf eigene Initiative oder im Auftrag Dritter, will die Franziskaner der Unbefleckten normalisieren, so dass sie ähnlich wie in anderen religiösen Orden treiben. Um dies zu erreichen ist es notwendig, ihre spirituelle Lehre und Moral zu verwandeln, zerstören innere Disziplin, zerquetschen die Rückeroberung der traditionellen Liturgie, offen für die Korruption der Welt, wie sie, mit katastrophalen Folgen, er und sein Kapuzinerorden.
Paul VI in seinem Apostolischen Schreiben angesprochen auf die religiöse, evangelische Testificatio der 29. Juni 1971 bitte unbedingt ihren Vorgesetzten zu gehorchen, " außer für eine Bestellung offensichtlich gegen die Gesetze Gottes oder den Verfassungen des Instituts, oder ein mit einem ernsthafte und bestimmte Böse - in diesem Fall die Verpflichtung, sie gehorchen nicht existiert ". Wenn Volpi Vater wird nicht entladen werden, werden Sie unweigerlich ein Gewissenskonflikt in religiösen und Ordensleute, die das Charisma der Franziskaner der Immaculata und Treue zur Tradition der Kirche halten wollen. Sein (von Roberto de Mattei )

Recoger firmas para exigir la renuncia del Padre Fidenzio Volpi de su cargo como comisario de los Franciscanos de la Inmaculada.


Orden-de-franciscano-dellImmacolata(Roberto de Mattei) Un grupo de sitios y asociaciones de laicos católicos comenzaron a recoger firmas para exigir la renuncia del Padre Fidenzio Volpi de su cargo como comisario de los franciscanos de la Inmaculada. Todos los que quieran unirse a esta llamada puede hacerlo haciendo clic aquí .
Exigimos la renuncia del Padre Fidenzio Volpi de su cargo de comisario político de los Franciscanos de la Inmaculada. En el espacio de cinco meses a Volpi padre rompió el instituto provocando el caos y el sufrimiento en el interior, el escándalo entre los fieles, las críticas en la prensa, la incomodidad y la confusión en el mundo de la iglesia. Poco importa que el padre Volpi es el autor o ejecutor del plan de destrucción. Lo que es seguro es que si el plan no se detiene y las consecuencias serán desastrosas para prevenir un desastre desastre complemento que Volpi padre debe ser dado de alta.
Después de que el decreto de la comisión, de 11 de julio, Volpi padre, con la ayuda de un puñado de subcommissari salvaje, incluyendo a su padre Alfonso Bruno y el profesor. Mario Castellano, comenzó a romper su escuela hacha. Se prohibió la celebración de la Santa Misa y la Liturgia de las Horas en la forma extraordinaria esperada por el Motu Proprio Summorum Pontificum , ha colocado a toda la orden de las administraciones públicas, empezando por el padre fundador Stefano Maria Manelli, quien está bajo arresto domiciliario sin saber los motivos de la misma; ha derrocado y trasladado uno tras otro a los empleados más leales padre Manelli, todo prominente personalidad intelectual y moral, atribuyendo sus posiciones en Frailes disidentes, a menudo el gobierno sin educación y sin experiencia, amenazado y castigado hermanos que habían presentado peticiones ante la Santa Sede y se negó a retractarse y, finalmente, con un diktat de fecha 08 de diciembre 2013 cerró el seminario, suspendió las ordenaciones sacerdotales y diaconales; hirió publicaciones atónitos de la editorial Mariana, que les prohíbe distribuido en las iglesias y santuarios confiados a la guerra religiosa ha ampliado su personal para terciario y laicos que apoyan a la institución, la suspensión de todas las actividades del MIM (Misión de la Inmaculada Mediadora) y TOFI (Tercera Orden Franciscana de la Inmaculada Concepción); amenazada por las Hermanas Franciscanas de la sindicatura Inmaculada y los ha llevado a las Clarisas de la Inmaculada Concepción y de la asistencia espiritual de los frailes, y finalmente a todos los hermanos pretende imponer un "juramento modernista" de lealtad al Novus Ordo Missae y el Vaticano II ( haga clic aquí para ver la carta ).
Volpi padre acusa a sus críticos de estar en contra del Papa, pero este régimen tiránico, además de ser desconocido para la historia de la Iglesia, está en conflicto directo con el Papa Francisco, que recomienda evitar cualquier autoritarismo y mostrar misericordia y bondad a los amigos y enemigos? Uno de los objetivos del Vaticano, Marco Tosatti, se fijó en él, preguntándose lastampa.it el 4 de diciembre ", pero ¿qué han hecho, los pobres religiosa? Especulado, niños maltratados, llevado una vida inmoral? No hay nada como esto ". La verdad es que el padre Foxes, por iniciativa propia o por cuenta de terceros, quiere normalizar los Franciscanos de la Inmaculada, haciéndolas similares a otras órdenes religiosas a la deriva. Para lograr esto es necesario para transformar su doctrina espiritual y moral, destruir la disciplina interna, aplastar a la reconquista de la liturgia tradicional, abierta a la corrupción del mundo, como lo hicieron, con resultados catastróficos, él y su orden de los Capuchinos.
Pablo VI en su exhortación apostólica dirigida a los religiosos, testificatio Evangélica de 29 de junio 1971 la nota que debe obedecer a sus superiores ", a excepción de una orden manifiestamente contraria a las leyes de Dios oa las constituciones del Instituto, o que supongan una mal grave y cierto - en cuyo caso no existe la obligación de someterse a ella ". Si no se descargará Volpi padre, que, inevitablemente, será un conflicto de conciencia en el religioso y religiosa que quieren mantener el carisma de los Franciscanos de la Inmaculada y la fidelidad a la Tradición de la Iglesia. (de Roberto de Mattei )

We demand the resignation of Father Fidenzio Volpi from his post as commissioner of the Franciscans of the Immaculate

We demand the resignation of Mr Volpi father of the Franciscans of the Immaculate

Order-of-Franciscan-dellImmacolata(Roberto de Mattei) A group of sites and associations of lay Catholics began collecting signatures to demand the resignation of Father Fidenzio Volpi from his post as commissioner of the Franciscans of the Immaculate. Everyone who wants to join this call may do so by clicking here .
We demand the resignation of Father Fidenzio Volpi from his position as political commissar of the Franciscans of the Immaculate. In the space of five months Volpi father smashed the institute causing chaos and suffering on the inside, scandal among the faithful, criticism in the press, discomfort and confusion in the church world. It matters little whether father Volpi is the author or executor of the plan of destruction. What is certain is that if the plan is not stopped and the consequences will be disastrous to prevent a disaster add disaster that Volpi father should be discharged.
After the decree of the commissioner, of July 11, Volpi father, with the help of a handful of wild subcommissari, including his father Alfonso Bruno and the Professor. Mario Castellano, began to break down his ax school. He banned the celebration of the Holy Mass and the Liturgy of the Hours in the extraordinary form expected by the Motu Proprio Summorum Pontificum , has placed the entire general government order, starting with the founding father Stefano Maria Manelli, who is under house arrest without knowing the reasons therefor; has ousted and transferred one after another the most loyal employees father Manelli, all prominent intellectual and moral personality, attributing their positions in Friars dissidents, often uneducated and inexperienced government, threatened and punished Friars who had addressed a petition to the Holy See and refused to retract it, and finally, with a diktat dated December 8, 2013 closed the seminar, suspended the priestly and diaconal ordinations; struck dumbfounded publications of the publishing house Mariana, banning them from circulated in churches and shrines entrusted to religious war has expanded its staff to tertiary and laity who support the institution, suspending all activities of MIM (Mission of the Immaculate Mediatrix) and TOFI (Franciscan Third Order of the Immaculate Conception); threatened by the Franciscan Sisters of the Immaculate receivership and has taken them to the Poor Clares of the Immaculate Conception and the spiritual assistance of the Friars, and finally to all the Friars purport to impose a "modernist oath" of loyalty to the Novus Ordo Missae and the Vatican II ( click here to see the letter ).
Volpi father accuses his critics of being against the Pope, but this tyrannical regime, besides being unknown to the history of the Church, it is in direct conflict with Pope Francis, who recommended to avoid any authoritarianism and to show mercy and kindness to friends and enemies? A Vatican objective, Marco Tosatti, noticed him, wondering lastampa.it on 4 December, " but what have they done, those poor religious? Speculated, abused children, led an immoral life? Nothing like this . " The truth is that father Foxes, on its own initiative or on behalf of third parties, wants to normalize the Franciscans of the Immaculate, making them similar to other religious orders adrift. To achieve this it is necessary to transform their spiritual doctrine and morals, destroy internal discipline, crush the reconquest of the traditional liturgy, open to the corruption of the world, as they did, with catastrophic results, he and his Capuchin order.
Paul VI in his Apostolic Exhortation addressed to the religious, Evangelical testificatio of 29 June 1971 note that you must obey their superiors, " except for an order manifestly contrary to God's laws or the constitutions of the institute, or one involving a serious and certain evil - in which case the obligation to obey it does not exist . " If Volpi father will not be discharged, you will inevitably be a conflict of conscience in religious and religious who want to keep the charism of the Franciscans of the Immaculate and fidelity to the Church's Tradition. (of Roberto de Mattei )

Exigir a renúncia do Padre Fidenzio Volpi de seu cargo de comissário dos Franciscanos da Imaculada.

Order-de-franciscano-dellImmacolata(Roberto de Mattei) Um grupo de sites e associações de leigos católicos começou a coletar assinaturas para exigir a renúncia do Padre Fidenzio Volpi de seu cargo de comissário dos Franciscanos da Imaculada. Todo mundo que quer se juntar a esta chamada pode fazê-lo clicando aqui .
Exigimos a demissão do Pai Fidenzio Volpi de sua posição como comissário político dos Franciscanos da Imaculada. No espaço de cinco meses Volpi pai quebrou o instituto causando o caos eo sofrimento no interior, escândalo entre os fiéis, a crítica na imprensa, desconforto e confusão no mundo da igreja. Pouco importa se o pai Volpi é o autor ou executor do plano de destruição. O que é certo é que, se o plano não está parado e as conseqüências serão desastrosas para evitar um desastre add desastre que pai Volpi deve ser descarregada.
Após o decreto do comissário, de 11 de julho, o pai Volpi, com a ajuda de um punhado de subcommissari selvagem, incluindo seu pai Alfonso de Bruno eo Professor. Mario Castellano, começou a quebrar sua escola machado. Ele proibiu a celebração da Santa Missa e da Liturgia das Horas, na forma extraordinária prevista para o Motu Proprio Summorum Pontificum , colocou toda a ordem do governo geral, começando com o fundador Stefano Maria Manelli, que está sob prisão domiciliar, sem saber as suas razões; foi deposto e transferido um após o outro a funcionários mais leais pai Manelli, toda a personalidade intelectual e moral de destaque, atribuindo as suas posições em Frades dissidentes, frequentemente governo ignorante e inexperiente, ameaçados e punidos Frades que se tinham dirigido uma petição à Santa Sé, e recusou-se a recolhê-lo e, finalmente, com um diktat datado 8 de dezembro de 2013 fechou o seminário, suspendeu as ordenações sacerdotais e diaconais; atingiu publicações espantados da editora Mariana, proibindo-os de circulou em igrejas e santuários confiados a guerra religiosa ampliou sua equipe para terciário e leigos, que apoiam a instituição, suspendendo todas as atividades da MIM (Missão da Imaculada Medianeira) e Tofi (Terceira Ordem Franciscana da Imaculada Conceição); ameaçada pelas Irmãs Franciscanas da liquidação Imaculada e os levou às Clarissas da Imaculada Conceição e da assistência espiritual dos frades, e, finalmente, a todos os Frades pretende impor um "juramento modernista" de lealdade para com o Novus Ordo Missae eo Vaticano II ( clique aqui para ver a letra ).
Volpi pai acusa seus críticos de ser contra o Papa, mas esse regime tirânico, além de ser desconhecido para a história da Igreja, que está em conflito direto com o papa Francis, que recomendou para evitar qualquer autoritarismo e mostrar misericórdia e bondade para com os amigos e inimigos? Um dos objetivos do Vaticano, Marco Tosatti, notou ele, perguntando lastampa.it em 4 de dezembro, " mas o que eles fizeram, os pobres religiosa? Especulado, abusou crianças, levava uma vida imoral? Nada como isso . " A verdade é que o pai Foxes, por sua própria iniciativa ou em nome de terceiros, quer para normalizar os Franciscanos da Imaculada, tornando-os semelhantes a outras ordens religiosas à deriva. Para alcançar este objectivo é necessário para transformar a sua doutrina e da moral espiritual, destruir a disciplina interna, esmagar a reconquista da liturgia tradicional, aberto para a corrupção do mundo, como eles fizeram, com resultados catastróficos, ele e sua ordem dos Capuchinhos.
Paulo VI, em sua Exortação Apostólica dirigida aos religiosos, testificatio Evangélica de 29 de junho, 1971 nota que você deve obedecer a seus superiores ", com exceção de uma ordem manifestamente contrária às leis de Deus ou as constituições do instituto, ou um envolvendo um mal grave e certo - caso em que a obrigação de obedecê-la não existe ". Se o pai Volpi não será descarregada, você será inevitavelmente um conflito de consciência em religiosos e religiosas que querem manter o carisma dos Franciscanos da Imaculada e de fidelidade à Tradição da Igreja. (de Roberto de Mattei )

Francescani dell’Immacolata: chiediamo le dimissioni di padre Volpi


Francescani dell’Immacolata: chiediamo le dimissioni di padre Volpi

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di Roberto de Mattei

Un gruppo di associazioni e di siti cattolici ha iniziato una raccolta di firme per chiedere le dimissioni di Padre Fidenzio Volpi dal suo incarico di commissario dei Francescani dell’Immacolata. Tutti coloro che vogliono aderire a quest’appello possono farlo cliccando qui.
Chiediamo le dimissioni di Padre Fidenzio Volpi dal suo incarico di commissario politico dei Francescani dell’Immacolata. Nello spazio di cinque mesi padre Volpi ha sfasciato l’istituto provocando caos e sofferenze al suo interno, scandalo tra i fedeli, critiche sulla stampa, disagio e perplessità nel mondo ecclesiastico. Poco importa sapere se padre Volpi sia l’artefice o l’esecutore del piano di distruzione. Quel che è certo è che se il piano non verrà fermato le conseguenze saranno disastrose ed è per evitare che a disastro si aggiunga disastro che padre Volpi deve essere dimesso.
Dopo il decreto di commissariamento, dello scorso 11 luglio, padre Volpi, con l’aiuto di un manipolo di scatenati subcommissari, tra i quali il padre Alfonso Bruno e il prof. Mario Castellano, ha iniziato ad abbattere la sua scure sull’istituto. Ha vietato la celebrazione della santa Messa e della liturgia delle ore nella forma straordinaria prevista dal Motu proprio Summorum pontificum; ha deposto l’intero governo generale dell’ordine, a cominciare dal fondatore padre Stefano Maria Manelli, che si trova agli arresti domiciliari senza conoscerne le ragioni; ha esautorato e trasferito uno dopo l’altro i più fedeli collaboratori di padre Manelli, tutte personalità di rilievo intellettuale e morale, attribuendo le loro cariche a Frati dissidenti, spesso incolti e privi di esperienza di governo; ha minacciato e punito i Frati che avevano rivolto una petizione alla Santa Sede e rifiutavano di ritrattarla; infine, con un diktat datato 8 dicembre 2013 ha chiuso il seminario, ha sospeso le ordinazioni sacerdotali e diaconali; ha colpito di interdetto le pubblicazioni dell’editrice Casa Mariana, proibendo di diffonderle nelle chiese e santuari affidati ai religiosi; ha esteso la sua guerra personale ai terziari e ai laici che sostengono l’istituto, sospendendo tutte le attività della MIM (Missione Immacolata Mediatrice) e del TOFI (Terz’Ordine Francescano dell’Immacolata); ha minacciato di commissariamento le suore Francescane dell’Immacolata e a tolto a loro e alle Clarisse dell’Immacolata l’assistenza spirituale dei Frati; infine pretende imporre a tutti i Frati un giuramento modernista di fedeltà al Novus Ordo Missae e al Concilio Vaticano II (per vedere la lettera clicca qui).
Padre Volpi accusa chi lo critica di essere contro il Papa, ma questo regime tirannico, oltre ad essere sconosciuto alla storia della Chiesa, non è in diretto contrasto con papa Francesco, che ha raccomandato di evitare ogni autoritarismo e di usare misericordia e tenerezza verso amici e nemici? Un vaticanista oggettivo, Marco Tosatti, lo ha notato, chiedendosi su lastampa.it del 4 dicembre «ma che cosa avranno mai fatto, quei poveri religiosi? Speculato, abusato di minori, condotto una vita immorale? Nulla di tutto questo». La verità è che padre Volpi, per iniziativa propria, o per conto di terzi, vuole normalizzare i Francescani dell’Immacolata, rendendoli simili agli altri ordini religiosi alla deriva. Per ottenerlo è necessario trasformare la loro dottrina spirituale e morale, distruggerne la disciplina interna, stroncare la riconquista della liturgia tradizionale, aprirsi alla corruzione del mondo, come hanno fatto, con risultati catastrofici, lui e il suo ordine cappuccino.
Paolo VI nella Esortazione apostolica rivolta ai religiosi, Evangelica testificatio, del 29 giugno 1971, ricorda che ai superiori si deve obbedire, «fatta eccezione per un ordine che fosse manifestamente contrario alle leggi di Dio o alle costituzioni dell’istituto, o che implicasse un male grave e certo – nel qual caso infatti l’obbligo di obbedire non esiste». Se padre Volpi non sarà dimesso, si aprirà inevitabilmente un conflitto di coscienza nei religiosi e nelle religiose che vorranno mantenere il carisma dei Francescani dell’Immacolata e la fedeltà alla Tradizione della Chiesa.

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